Diffamazione a mezzo stampa: per la Cassazione internet è come giornali e tv

Diffamazione a mezzo stampa: per la Cassazione internet è come giornali e tv
Diffamazione a mezzo stampa: per la Cassazione internet è come giornali e tv

ROMA, 25 AGO – Per la Cassazione diffamare una persona su un sito web non è diverso da farlo tramite giornali o televisioni. La sentenza 18174 della terza sezione civile della Cassazione ha ribadito che “Internet costituisce un mezzo di diffusione di notizie e idee al pari, se non di più, di stampa, radio e televisione”, ragion per cui anche nel caso di comunicati stampa reperibili su un sito internet valgono i principi “tradizionalmente indicati dalla giurisprudenza” per l’esercizio del diritto di cronaca e del diritto di critica.

Ossia il “bilanciamento” con il “diritto primario all’onore e alla reputazione” e la “verità obiettiva” (per quanto accertabile), la “continenza” e la “pertinenza”.

La Cassazione è tornata sul tema della diffamazione tramite internet (qualificata dal codice come diffamazione aggravata), equiparandola di fatto a quella a mezzo stampa, valutando il contenzioso tra il Codacons e un dirigente dell’Istituto superiore di sanità.

Con la sentenza 18174 della terza sezione civile, rifacendosi alla giurisprudenza relativa alla diffamazione a mezzo stampa, la Suprema Corte ha confermato il risarcimento in favore di un dirigente dell’Istituto superiore della Sanità per due comunicati stampa diffusi dal sito del Codacons e ripresi dal programma Tv “Striscia la notizia”, nel novembre del 2000, nei quali si accusava l’uomo di aver percepito denaro, per una sua associazione, da una azienda costruttrice di telefoni cellulari e questo avrebbe influenzato le sue dichiarazioni in merito alla pericolosità delle onde elettromagnetiche.

Il dirigente dell’Istituto superiore di sanità aveva tra l’altro opposto che il Codacons avesse omesso l’entità esigua della somma, e il fatto che la sua assoluzione nell’indagine penale non fosse stata evidenziata nel sito. Il Codacons aveva presentato ricorso in Cassazione sostenendo che i comunicati stampa, presenti sul suo sito, costituivano “legittimo esercizio del diritto di critica”.

La Corte conclude confermando quanto stabilito dalla Corte d’Appello di Roma nel 2010, che aveva evidenziato l’incompletezza della notizia e il tono “insinuante dell’esposizione”. La Corte territoriale aveva tra l’altro sottolineato – si legge nella sentenza della Cassazione – che “un numero cospicuo di persone aveva avuto o potuto avere cognizione” dei comunicati offensivi e quindi “percepito un’immagine biasimevole” del dirigente dell’Istituto.

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