Megaupload combatte: “C’è il precedente di Youtube. Torniamo online”

Pubblicato il 23 Gennaio 2012 - 10:46 OLTRE 6 MESI FA

Kim Schmitz

NEW YORK – Dopo la batosta a MegaUpload è partita la guerra a tutti i siti di condivisione, ma il bello viene adesso perché chi permette di scaricare dal web gratis ha pronto il coniglio da tirar fuori dal cilindro: precedenti illustri. Proviamo a ricostruire la vicenda.

Il 20 gennaio gli Usa arrestano Mr. Kim Schmitz, detto Kimble, e lui rischia fino a 50 di carcere per download illegale. Il Congresso Usa ha in cantiere due leggi sul copyright e la censura web che hanno fatto rabbrividire il web, da Google a Wikipedia passando per Skype (il Sopa e il Pip  ovvero lo Stop online privacy act e il Protect ip act-).

Adesso però viene il bello. Megaupload vuole vincere a tutti i costi e, visto il passato, potrebbe anche riuscire nell’impresa. L’avvocato di Schmitz, per gli amici  mr. Dotcom, cita il caso Viacom contro YouTube e intanto il Partito Pirata  svedese rivendica le violazione del copyright con la rimozione dei contenuti.

L’avvocato Ira Rothken vuole combattere così: “Il governo ha buttato giù una delle più grandi piattaforme di hosting nel mondo e l’ha fatto senza offrire a Megaupload la possibilità di difendersi in aula”. Le accuse sarebbero simili a quelle di Viacom contro di YouTube: “Ed era una causa civile e YouTube vinse”.

In un comunicato il partito Pirata ha spiegato che MegaUpload ha rimosso i contenuti caricati in violazione del diritto d’autore, dunque dovrebbe avere la protezione del safe harbor, ovvero dovrebbe avere la tutela del Digital Millennium Copyright Act: “Qualcuno dovrebbe spiegare all’industria del copyright e al governo che le leggi statunitensi non hanno valore nel resto del mondo”.

L’Fbi americana è al lavoro, il Bureau intanto con il sequestro dei server del sito di condivisione i federali hanno tutti i dati dei clienti, email e indirizzi.

La cosa certa è che ora tutti i siti che fanno da “intermediari” rischiano multe salatissime perché potrebbero essere ritenuti responsabili dei video caricati dai propri utenti. Ma da noi in Italia le norme americane sono incostituzionali, quindi per ora dentro il confine c’è meno pericolo di bavaglio.

Secondo quanto spiega Giorgio Assumma, ex presidente Siae, “i siti nascono come funghi, impossibile controllarli”. “Mi pare una legge che cerca di eliminare dal mercato le imprese meno forti. Queste regolo violano il principio della libera concorrenza: ci si introduce in rapporti di natura privatistica vietando di espletarli. Ma anche vietare a un motore di ricerca di visualizzare un collegamento potrebbe prefigurare un eccesso di potere, contrario alla Costituzione”.

E Megaupload? C’è chi dice che è pronto a tornare in rete: attraverso un dominio registrato in Belize, precedentemente assegnato a misteriosi scammer. Dai servizi di Whois, il dominio è intestato a tale John Smith di Hong Kong”, spiega il sito f3v3r.