Pd, tangenti e il “sistema Sesto”: Di Caterina l’uomo chiave, 20 gli indagati

Pubblicato il 1 Agosto 2011 - 08:47| Aggiornato il 2 Agosto 2011 OLTRE 6 MESI FA

MILANO – Tre ipotesi di reati di corruzione, concussione e finanziamento illecito ai partiti. Quasi un anno di indagini, quattro filoni di inchiesta: il piano di lottizzazione dell’ex area Falck a Sesto San Giovanni e la sua adozione da parte del consiglio comunale, la lottizzazione e le concessioni edilizie dell’area Ercole Marelli, il servizio integrato dei trasporti dell’Alto Milanese, infine il versante delle Coop rosse. E’ un fiume in piena lo scandalo delle presunte tangenti rosse che hanno portato alle dimissioni Filippo Penati, uomo di punta del Pd, vice presidente dimissionario del consiglio lombardo, ex capo della segreteria di Pier Luigi Bersani.

Bustarelle fino a un miliardo di lire ricevute dall’ex sindaco di Sesto San Giovanni. Indaga la Procura di Monza e i pubblici ministeri Franca Macchia e Walter Mapelli, coordinati dal procuratore capo Corrado Carnevali, già aggiunto per la Procura di Milano del Dipartimento per i reati contro la pubblica amnistrazione.

E’ proprio a Milano che nasce il filone che porterà a Monza. I pm di Milano, Laura Pedio e Gaetano Ruta, stanno indagando sulla bonifica dell’area Montecity-Santa Giulia. Due i fuochi dell’indagine: la mancata bonifica dell’area e un mega giro di false fatture. E alcune di queste, per 700 mila euro, risultano essere state emesse da Piero di Caterina, immobiliarista e titolare della ditta di trasporti Caronte. Nel corso della perquisizione del suo ufficio gli uomini della Polizia Giudiziaria della Guardia di Finanza di Milano trovano la contabilità in nero su fogli e su dvd e anche una e-mail, datata aprile 2010, in cui l’imprenditore scrive a Filippo Penati e Bruno Binasco, amministratore della Serravalle. Il testo della lettera lascia pochi dubbi: “Signori, come a voi ben noto, il sottoscritto, nel corso degli anni, a partire dal 1999, ha versato a vario titolo, attraverso dazioni di denaro, a Filippo Penati, notevoli somme di denaro”.

Di Caterina, finito nei guai, sceglie la via della collaborazione e comincia a raccontare. Spiega agli inquirenti di aver pagato per finanziare le spese politiche ed elettorali di Penati dal 1993 al 2004, con punte mensili anche di venti o trentamila euro al mese: soldi al partito per il sistema Sesto, ma “anche per Milano”. Bustarelle in cambio di favori, ma anche per sbloccare i pagamenti alla sua ditta di trasporti che ha un contenzioso con Atm, l’azienda dei trasporti milanesi. Soldi che sarebbero finiti a Giordano Vimercati, ex capo di gabinetto di Penati alla Provincia.