L’ex coniuge convive con l’altro/a? Non devi più pagargli l’assegno

di Alessandro Camilli
Pubblicato il 23 Settembre 2011 - 15:00 OLTRE 6 MESI FA

MILANO – Se l’ex coniuge va a vivere con un nuovo partner non gli è più dovuto l’assegno di mantenimento. Logico, quasi ovvio. Ma non nella testa e nelle aspettative di centinaia di migliaia di ex coniugi, di migliaia di avvocati e soprattutto non nella nostra giurisprudenza. Ex coniugi, avvocati e tribunali riconoscono il diritto all’assegno di mantenimento fino a che non ci sono nuove nozze. Se “convivi” con un altro/a, quell’assegno continui a incassarlo. Se convive con un altro/a, quell’assegno continui a pagarlo. Fino ad ieri, fino ad una fresca sentenza della Cassazione che farà gioire molti ex mariti ed infuriare molte donne, ex e non.

Con questa sentenza i lentissimi tribunali italiani si scoprono più veloci delle nostre aule parlamentari. Le coppie di fatto, non quelle composte da omosessuali, ma quelle formate da un uomo e una donna che vivono insieme e magari mettono al mondo uno o più figli, non godono degli stessi diritti e doveri delle coppie sposate. E questo nonostante le coppie di fatto siano in costante aumento e quelle sposate in costante diminuzione. Il nostro legislatore sembra non accorgersi di questa mutazione della società e si rifiuta di prenderne atto, tocca allora alla magistratura registrare il nuovo status della società italiana per evitare che i ritardi del Parlamento si trasformino in danni per i cittadini.

Fino ad oggi la legge prevedeva che il coniuge “più ricco”, non necessariamente l’uomo, garantisse, dopo l’eventuale separazione, il mantenimento del tenore di vita precedente alla rottura all’altro coniuge. E lo faceva attraverso il versamento di un assegno mensile. Diritto che decadeva solo quando il coniuge che percepiva l’assegno di mantenimento convolava a nuove nozze. Poteva quindi, paradossalmente, andare a vivere con un nuovo compagno, o compagna, fare figli e quant’altro senza perdere diritto ai soldi versati dall’ex, purché non si risposasse.

Un’assurdità sociale riconosciuta ora da una sentenza della Corte di Cassazione che cambia così le carte in tavola. È stata infatti depositata nei giorni scorsi una sentenza (relatore Massimo Dogliotti) con cui la suprema Corte fa il punto sulla rilevanza nel nostro ordinamento della convivenza fra persone non unite in matrimonio, giungendo ad affermare che la Costituzione garantisce e tutela la famiglia di fatto, quale formazione sociale in cui si svolge la personalità dell’individuo.

La vicenda concreta di cui la Cassazione si è occupata riguardava due coniugi. Un caso piuttosto frequente: la moglie, dopo il divorzio, ha chiesto un assegno per continuare a godere del medesimo tenore di vita che il marito le garantiva durante il matrimonio; il marito si è opposto affermando che la moglie vive stabilmente con un altro uomo. Perché devo continuare a mantenere chi vive con un’altra persona? Su questo punto è intervenuta la Cassazione affermando che la legge va interpretata in modo ampio negando l’assegno anche all’ex moglie che ha creato una nuova famiglia, ancorché di fatto.

E la parte più interessante della sentenza è la motivazione. I giudici ripercorrono con attenzione l’evoluzione della convivenza nella nostra società e nel nostro diritto: mentre un tempo la si considerava in modo certamente negativo, oggi è diffusa nel costume sociale ed è non solo tollerata, ma anzi «positivamente connotata». L’analisi della storia del diritto e del costume sociale, inusuale in una sentenza della Cassazione, porta ad una conclusione: la nostra legge non può che recepire «un diverso modello familiare, aperto e comunitario, una sicura valutazione dell’elemento affettivo, rispetto ai vincoli formali e coercitivi». Il lessico è giuridico, ma la sostanza coincide con quanto dicono le coppie che oggi convivono senza sposarsi: «Siamo una famiglia perché ci svegliamo assieme tutte le mattine; non perché lo dice la legge, ma perché lo vogliamo noi giorno dopo giorno».
L’affermazione da parte della Cassazione che anche la famiglia di fatto è oggi tutelata dalla Costituzione contiene un monito al Parlamento: il legislatore non può continuare a coprire con il proprio silenzio alcune evidenti discriminazioni a danno dei conviventi.

Una sentenza che potremmo definire giusta, in quanto prende atto di un cambiamento sociale non in atto ma ormai avvenuto. Se si perde il diritto all’assegno di mantenimento quando ci si risposa logico è che si perda questo diritto anche quando si convive. Ma, nonostante la giustezza e la logica intrinseca, la sentenza in questione non mancherà di generare malumori, in particolare in quella fetta di popolazione femminile che ancora oggi pensa che sposarsi somigli più ad un contratto a tempo indeterminato che ad un atto d’amore.