Ma dove stanno i patrimoni…Metà nelle case, un terzo nell’evasione

di Alessandro Camilli
Pubblicato il 28 Novembre 2011 - 14:20 OLTRE 6 MESI FA

foto Lapresse

ROMA – Gli italiani rappresentano l’1% circa della popolazione mondiale e producono attorno al 3% del Pil del pianeta. Ma detengono il 5.7% della ricchezza globale. Grasso a cui attingere quindi, in termini di sacrifici per il risanamento delle finanze del nostro Paese, ce n’è. Il punto è però trovarlo? Dove sono i patrimoni degli italiani? Una eventuale tassa patrimoniale appunto li tocca, li centra o solo li sfiora o addirittura li manca?

Con la notevole eccezione del Pdl, partiti e forze sociali sono più o meno tutti d’accordo nel sostenere l’introduzione della Patrimoniale. Opinioni diverse, ovviamente, su come modularla, ma grande consenso, o forse coscienza dell’ineluttabilità, anche tra gli italiani che in misura plebiscitaria, 80%, la ritengono una misura giusta, a patto che si salvi la prima casa. E qui sta una parte del problema.

Proprio il ritorno dell’Ici sulla prima casa sembra infatti essere uno dei primi provvedimenti che il Governo Monti ha intenzione di varare. E non potrebbe essere altrimenti perché, secondo le stime della Banca d’Italia, la ricchezza netta degli italiani è pari a 8.283 miliardi di euro, di cui più della metà, 4.667 miliardi, è costituita proprio dalle abitazioni. Salvare allora la prima casa sembra impossibile anche perché, sempre secondo i dati di palazzo Koch, buona parte della ricchezza, della differenza tra reddito e ricchezza, sta nell’evasione. Evasione che, naturalmente, non può essere in quanto tale oggetto di tassazione. Si può tassare il patrimonio visibile, accertabile, denunciato. Il patrimonio nascosto, insomma l’accumulazione da evasione fiscale, se resta occultata, è di fatto non tassabile.

Esiste poi un’altra fetta di ricchezza italica: le attività finanziarie (titoli, azioni, depositi) erano pari, sempre stando a Bankitalia, nel 2008, a 3.374 miliardi di euro. Ma per quanto riguarda i patrimoni finanziari, negli ultimi mesi è stata già pesantemente rincarata l’imposta di bollo. L’ottica in cui si discute della patrimoniale, tuttavia, non è quella di colpire, in generale, la ricchezza, ma i ricchi e, in particolare, gli straricchi. Da questo punto di vista, una patrimoniale non universale, ma limitata a “chi ha di più” (un termine usato dallo stesso Monti) consentirebbe di sciogliere una vistosa contraddizione italiana. L’Italia è, infatti, un paese con redditi stagnanti, ma ricco: il 5,7 per cento della ricchezza netta posseduta nel mondo è in Italia, nonostante, come si è detto, che gli italiani non siano più dell’un per cento della popolazione globale e il Prodotto interno lordo della penisola sia pari al 3 per cento del Pil mondiale.

Il grafico della ricchezza (stimata dalla Banca d’Italia) appare pesantemente squilibrato: quasi il 45 per cento della ricchezza nazionale, equivalente a 3.700 miliardi è nelle mani di 2,4 milioni di famiglie, il 10 per cento più ricco. Se, come è stato ipotizzato, la patrimoniale si dovesse applicare solo ai patrimoni superiori a 1,5 milioni di euro, il grosso dei ricchi italiani ne sarebbe fuori. Ma anche una patrimoniale per i soli straricchi darebbe un gettito cospicuo.

Il 13 per cento della ricchezza italiana (sempre secondo Via Nazionale) è nelle mani di 240 mila famiglie italiane, l’1 per cento del totale. Si tratta di 1.076 miliardi di euro. Una patrimoniale alla francese, con un’aliquota allo 0,5 per cento della ricchezza, darebbe un gettito di oltre 5 miliardi di euro l’anno. Per ognuna delle 240 mila famiglie significherebbe pagare, su un patrimonio che è in media di quasi 4,5 milioni di euro a famiglia, 22.500 euro l’anno.

Ma se quasi l’80% degli italiani abita in una casa di proprietà, e una buona fetta della restante ricchezza è nascosta al fisco, nonostante la manifestata intenzione di colpire “chi ha di più” e “chi sinora ha dato di meno” espressa da Mario Monti, diventa difficile immaginare come possa esser fatta una patrimoniale che escluda la prima casa, a meno di non abbinarla al ritorno dell’Ici. La fetta più grande della ricchezza italiana, o almeno di quella “visibile”, e facilmente accertabile, è nel mattone. E dal mattone bisognerà quindi ripartire cercando, nel tempo, di colpire l’evasione riducendo la forbice tra reddito e ricchezza.