Napolitano-Bersani: tre presidenti senza nome e poi il “Governo di nessuno”

di Alessandro Camilli
Pubblicato il 11 Marzo 2013 - 15:17| Aggiornato il 20 Settembre 2022 OLTRE 6 MESI FA

ROMA – Tre presidenze senza nome e poi il governo di nessuno. Sembra il titolo di un racconto ma è la sintesi dell’attuale situazione politica italiana. Nelle prossime settimane, anzi nei prossimi giorni si comincia venerdì 15 marzo, dovranno essere nominati i nuovi presidenti di Camera e Senato, dal 15 aprile sarà la volta delle votazioni parlamentari per il nuovo Capo dello Stato e, nel frattempo, l’Italia dovrebbe darsi un governo. Chi siederà sugli scranni più alti di Montecitorio e Palazzo Madama non solo ancora non si sa, ma ad oggi nemmeno chi siano i papabili è dato sapere. Il nome del prossimo inquilino del Quirinale è, se possibile, ancora di più difficile individuazione così come impossibile o quasi è immaginare quale maggioranza potrà sostenere il prossimo governo. Anzi, paradosso politico, ad oggi sembra che l’unico governo possibile per l’Italia sia un governo di nessuno, cioè senza maggioranza che ammetta di essere tale.

Venerdì 15 marzo è la prima data segnata con il rosso sul calendario politico del nostro Paese. Si riuniranno quel giorno per la prima volta le nuove Camere e saranno chiamati, deputati e senatori, e anche i cittadini grillini in Parlamento, a scegliere chi le due assemblee dovrà presiedere. Per il Senato c’è chi dice che il presidente potrebbe essere un montiano o Mario Monti stesso. Ma se fosse proprio l’attuale premier a succedere a Schifani, dovrebbe abbandonare Palazzo Chigi e la guida del governo, ipotesi non felicissima in un momento di incertezza e crisi e, soprattutto, in un momento in cui il prossimo premier ancora non si vede. Potrebbe allora toccare forse a Mauro Mauro, ex pidiellino passato con Monti. Un profilo che potrebbe cogliere due piccioni con una fava ma si tratta, in entrambi i casi, di illazioni. Voci di corridoio o poco più che indicano alla Camera una presidenza democratica, magari affidata a Franceschini.

Non sono però queste le uniche voci che circolano. Altri sostengono che il Pd abbia offerto entrambe le presidenza ai grillini, magari nel tentativo di ammorbidirli in vista di accordi futuri o anche solo per certificarne il successo e la forza elettorale. Altri ancora dicono che anche al Pdl sarebbe stata offerta una presidenza ma, come la quantità e la diversità dei rumors riportati dimostrano, in realtà l’unica cosa che appare certa è che ancora non ci sia nessuna certezza.

Seguendo l’ordine delle presidenze e non del calendario, dal 15 aprile si aprirà poi la partita del Quirinale. In questo caso quello che sarà accaduto per le presidenze di Camera e Senato potrebbe dare qualche indicazione. Ovvio è che se il Pd si sarà tenuto entrambi gli scranni sarà legittimo immaginare una scelta tattica e strategica di “autosufficienza” e quindi un prossimo Presidente targato anche lui Pd, magari Romano Prodi. Discorso diverso se i presidenti saranno stati scelti insieme a Grillo o insieme al Pdl. Anche in questa partita però l’unica certezza sembra essere una non certezza. E cioè che l’attuale presidente Napolitano non ha alcuna intenzione di rimanere al Quirinale, almeno per un po’, almeno fino a che non si veda una luce. In molti, quasi tutti, glielo hanno chiesto ma la risposta è sempre stata secca e negativa.

Nel mese che separa la prima seduta del nuovo Parlamento e l’inizio delle votazioni per il  nuovo Presidente della Repubblica, dal 19 marzo, l’attuale inquilino del Quirinale avvierà le consultazioni nel tentativo di formare un governo. Probabilmente, anzi quasi certamente, il segretario Pd Bersani riceverà un incarico esplorativo in quanto titolare della maggioranza almeno alla Camera. Ma quasi altrettanto certamente non sarà in grado di dar vita a nessun esecutivo. Grillo ha ripetuto all’infinito che non darà la fiducia a nessuno se non ad un governo a 5 Stelle, governo che però almeno oggi non può esistere visto che il Movimento grillino, nonostante l’indiscutibile forza elettorale, non ha la maggioranza né alla Camera né al Senato. Allo stesso modo non esiste intesa possibile tra Bersani e Berlusconi e quindi anche un governo Pd/Pdl, in un primo momento caldeggiato dal Cavaliere, non sembra possibile.

Un quadro di incertezza tale che potrebbe risolversi forse solo con quello che appare come un paradosso politico: il governo di nessuno. Quel governo che per pudore viene definito ora “di scopo” o “del Presidente” ma che in realtà come scopo avrebbe solo quello di sopravvivere sino a giugno od ottobre, il tempo per le nuove elezioni, e che sarebbe figlio di nessuno più che del Presidente. Figlio cioè di maggioranze episodiche e reticenti oltre che non esplicite. Nessuno ha infatti voglia di appoggiare un esecutivo: Grillo non appoggia nessuno e in vista di nuove elezioni nemmeno Pd e Pdl hanno intenzione di sostenere un governo fatto assieme agli avversari.

Quanto al Presidente poi la domanda è: quale? Se pure il Presidente fosse quello della Repubblica (come nei fatti è), Napolitano potrebbe prima di ‘scadere’ dare vita ad un esecutivo che portasse più che la sua firma la sua benedizione, ma farebbe a malapena in tempo a vederne la nascita per poi lasciarne la responsabilità al suo successore. Ed in ogni caso per dar vita ad un simile esecutivo avrebbe Napolitano a disposizione pochissimo tempo. Il 19 marzo via alle consultazioni, incarico a Bersani, nessuna maggioranza, ritorno al Quirinale, individuazione e creazione di un governo “di scopo” e varo di questo. Il tutto entro il 15 aprile, in meno di un mese cioè. Perché se è vero che il mandato di Napolitano scadrà solo il 15 maggio, è altrettanto vero che dal 15 aprile in poi, giorno in cui si comincerà a votare per il suo successore, appare improbabile che il Presidente uscente possa fare alcunché.

E poi? Poi, come si dice a Roma, beato chi c’arriva. Poi, se governo di nessuno sarà, il primo atto del nuovo Presidente della Repubblica sarà quello di sciogliere le Camere per tornare al voto, al più presto a fine giugno e, al più tardi, ad ottobre. Verosimilmente con la stessa legge elettorale e quindi senza alcuna certezza che dopo una nuova tornata elettorale l’Italia non si ritrovi nella stessa situazione di oggi. Varianti allo schema triste e tristo del “Governo di nessuno”? Sì, che Grillo cambi idea e che Bersani abbia ragione nel cercarlo e con lui abbiano ragione tutti coloro che dal Pd e dintorni interpretano M5S come sempre sinistra, seppure oggi “altra sinistra”. Probabile come la neve a Ferragosto in piazza Montecitorio. Oppure che un bel pezzo di Pdl molli Berlusconi colpito e affondato dalle condanne e  in sinergia con ciò che resta di Monti faccia con Bersani un presentabile governo di salvezza nazionale. Possibile come lo scudetto all’Inter.