I Martedì dell’Opera di Roma: era vietato lavorare fino alle 18. Lunedì? Chiusi

di Alessandro Camilli
Pubblicato il 25 Novembre 2014 - 15:56 OLTRE 6 MESI FA
Martedì dell'Opera

Teatro dell’Opera di Roma (LaPresse)

ROMA – L’hanno abolito e solo ora si sa che c’era: il martedì dell’Opera. Dell’Opera di Roma, del Teatro che sempre riserva e sforna soggetti e scene di commedia all’italiana. Clamoroso all’Opera di Roma: il cda del teatro ha revocato la procedura di licenziamento di orchestra e coro. E fin qui si sapeva, un po’ hanno scherzato, un po’ hanno bluffato, finisce un po’ a tarallucci e vino, anche se taralli stantii e vino annacquato.Ma il clamoroso all’Opera non è il “partiam, partiam…” sui licenziamenti. Il clamoroso è la cancellazione dei martedì ‘free’. Pochi o nessuno infatti sapevano che, un po’ come le colf hanno il giovedì pomeriggio libero, anche orchestrali e coro dell’opera avevano il loro martedì dove, per contratto, era vietato lavorare prima delle 18. Non male, soprattutto in considerazione del fatto che, sempre per contratto, quegli stessi lavoratori avevano il lunedì libero.

A raccontare l’istituzione del ‘martedì dell’Opera’ è Valerio Cappelli sul Corriere della Sera:

“Finora orchestra e coro, nella giornata di martedì, potevano lavorare solo dalle 18 in poi. Dunque, lunedì giorno di chiusura; martedì ‘quasi’ giorno di riposo. Si erano inventati la settimana corta.
Con l’abolizione del martedì ‘free’, le masse artistiche dell’Opera possono essere convocate e il teatro guadagna una giornata di lavoro in più”.

Orchestrali e coro, va loro riconosciuto, non fanno certo un lavoro ‘normale’. Non stupisce o non dovrebbe stupire quindi che abbiano dei giorni liberi che non corrispondono ai classici sabato e domenica. Accade così infatti per molti lavoratori, giornalisti compresi, dove i giorni di riposo possono essere anche dei giorni normalmente feriali. Se si lavora la domenica e/o il sabato, è normale e giusto che si riposi il martedì o magari il giovedì.

Va anche però ricordato che, i suddetti orchestrali & co., di giorni lavorativi durante l’anno ne avevano in verità un po’ pochini, meno di 150 in un anno. E allora, con così pochi giorni di lavoro calendarizzati, il ‘martedì dell’Opera’ assume un sapore tutto diverso.

Martedì a parte, la buona notizia, buona per il teatro, buona per gli spettatori e buona per i lavoratori, è quella della revoca da parte del consiglio d’amministrazione della procedura collettiva di licenziamento.

Ora il teatro potrà tornare a lavorare, e forse anche il maestro Muti potrà fare un passo indietro e tornare in teatro. Gli spettatori e gli amanti del genere potranno tornare a godersi lo spettacolo che amano e i lavoratori torneranno ad avere un posto di lavoro.

Tutto è bene quel che finisce bene verrebbe da dire. Anche se, almeno a chi è esterno alle logiche del teatro stesso, la protesta, il blocco, i licenziamenti restano del tutto incomprensibili. Racconta ancora Cappelli sul Corriere:

“L’accordo, a condizioni peggiori per i sindacati rispetto a quello proposto da Fuortes (che fu bocciato), prevede maggiore flessibilità e produttività. Per la prima volta, i sindacati non avevano il coltello dalla parte del manico. Diminuiti gli straordinari, c’è la moratoria sugli scioperi, via il premio di produzione (che si dava anche con i conti in rosso). Si è rinunciato a una follia assoluta: finora orchestra e coro, nella giornata di martedì, potevano lavorare solo dalle 18 in poi”.

Che semplificato per la casalinga di Voghera significa che i lavoratori, poche settimane fa, sono saliti sulle barricate per dire no ad un accordo proposto dal teatro. In conseguenza di questo sono scattati i licenziamenti dopo di che, gli stessi sindacati che avevano bocciato il primo accordo ne hanno sottoscritto un secondo a condizioni peggiori per i lavoratori. Chissà che il primo martedì lavorativo non venga usato da orchestra e coro per congratularsi con gli artefici di questa strategia…