Preferenze falso problema della riforma elettorale: 23 anni dopo il referendum

di Antonio Del Giudice
Pubblicato il 20 Luglio 2014 - 08:01 OLTRE 6 MESI FA
Preferenze falso problema della riforma elettorale: 23 anni dopo il referendum

Mario Segni fu promotore del referendum del 1991 sulla legge elettorale

Raccolte di firme, proclami, urla e strepiti contro “l’attacco di Renzi e Berlusconi alla Costituzione”. Da destra e da sinistra, levata di scudi contro le riforme pattuite al Nazareno, fra il premier e il leader di Forza Italia; patto insidiato oggi dal Movimento 5 Stelle che, avendo rinunciato al vaffa quotidiano, cerca di sparigliare i giochi.

Gli irriducibili, televisivamente rappresentati da Corradino Mineo e Augusto Minzolini, alzano le barricate contro la riforma del Senato dei “nominati” e non più degli “eletti”. Il rimbalzo sull’Italicum (riforma della legge elettorale) è automatico, essendo la sostanza la stessa: la preferenza o la lista bloccata. Alla fine, anche gli urlatori si acconceranno a un compromesso, ma rimane lo sconcerto di un “teatrino” che, italianamente, finge “rivoluzioni” e si accontenta di quel che passa il convento.

Questa storia della preferenza è infatti grottesca, a ben vedere. È un riflesso condizionato che viene da lontano e che cambia con la direzione del vento. Il referendum del 1991, capopopolo Mariotto Segni, decise di abolire la preferenza multipla, limitando la scelta a un solo nome in lista. Doveva essere il rimedio alla corruzione, al voto di scambio, alle cordate. Doveva punire “il malaffare” del Caf e, principalmente, doveva punire Bettino Craxi. Che, infatti, invitò gli italiani ad andare al mare. Doveva essere.

Dopo ventidue anni, gli stessi urlatori di allora con l’aggiunta dei giovani leoni, ci spiegano che non vanno bene le liste bloccate e che la democrazia sta nelle preferenze. Imprecano contro il nuovo Senato che sarebbe composto, in gran parte, da consiglieri regionali “nominati” e anche “inquisiti”. Ma scordano di ricordare che i circa cinquecento consiglieri regionali “attenzionati” a vario titolo dalle Procure sono stati eletti con libere preferenze. Siamo cioè al paradosso di usare la preferenza come una gomma da masticare, che può essere stiracchiata all’infinito e dove ci pare.

Forse bisognerebbe avere l’umiltà di portare il ragionamento su binari più seri.

La preferenza o la lista bloccata non fanno la qualità delle persone che ci governano. Non sono queste le regole che danno spessore a un Paese civile. Servirebbe un popolo meno “complice” nel violare le regole e nel saccheggio dello Stato. Perché, preferenze o meno, servirebbero meno urla e più un’etica più condivisa, non solo nei discorsi da bar o nei dibattiti in tv.