GENOVA – A pochi mesi dal suo inatteso insediamento sulla cattedra di Pietro, dopo le dimissioni di Ratzinger, Papa Francesco, il gesuita arcivescovo di Buenos Aires, convoca improvvisamente a Roma i vescovi della Liguria. Siamo nella avanzata primavera del 2013 e al Supremo Soglio scendono Alberto Tanasini, vescovo di Chiavari, Luigi Ernesto Palletti, vescovo di Spezia-Sarzana e Brugnato, Alberto Maria Careggio, vescovo di Sanremo-Ventimiglia, Vittorio Lupi, vescovo di Savona-Noli, Martino Canessa, vescovo di Tortona, Mario Oliveri, vescovo di Albenga-Imperia. Curioso: il nuovo papa, già impegnato a rivoluzionare la Chiesa e in particolare la sua Curia romana e presente sulle prime pagine dei giornali ogni giorno per le sue azioni di rottura, non chiama a Roma il presidente della Conferenza del vescovi liguri, che è anche il potente presidente della Cei, la Conferenza Episcopale Italiana, Angelo Bagnasco.
Doppiamente curioso: i vescovi liguri, quella volta con il loro capo Bagnasco sono appena scesi a Roma il 15 febbraio precedente, proprio nei giorni emozionanti delle dimissioni di Benedetto XVI e lo hanno salutato commossi e anche scossi per l’addio a un Pontefice che lascia, ma che resta, vestito di bianco e in attesa dell’elicottero che lo sta per trasportare a Castelgandolfo, dove in raccoglimento attenderà la nomina del suo successore.
Cosa vuole sapere dai vescovi liguri, sopratutto da quelli che esercitano il loro ministero nel Ponente, il nuovo papa, che gli interessa del piccolo mondo ligure una diocesi di 1251 parrocchie, 1683 sacerdoti, una briciola rispetto alle dimensioni della Grande madre chiesa mondiale, alla quale Bergoglio si sta dedicando a tutta forza, lui venuto dal mondo alla fine del mondo, ma partito – attenzione attenzione – da un punto di vista della sua famiglia di emigranti, a inizio Novecento, proprio dal porto di Genova? Perchè tanta fretta e perchè Bagnasco non c’è?
La visita è riservatissima e non se ne saprà nulla per quasi un anno, quando a rivelarla sarà l’uomo che oggi è al centro di uno dei più grandi scandali genovesi e italiani, Giovanni Berneschi, l’ex presidente e amministratore della Carige, oggi in carcere accusato di reati pesantissimi. Che c’entra Berneschi con questa missione in Vaticano dei vescovi liguri, perchè ne è al corrente, al punto di svelarne una parte consistente delle ragioni e poi del contenuto a numerosi testimoni, prima ancora dii parlarne in questi giorni di durissimi interrogatori giudiziari ai magistrati della procura di Genova, Nicola Piacente e Silvio Franz, che lo stanno torchiando?
“Il papa voleva conoscere dai suoi confratelli liguri i dettagli di una delicata operazione finanziaria compiuta dallo Ior, la banca vaticana con la Fondazione Carige, l’istituzione che era la maggiore azionista della Carige stessa”, spiega un affannato Berneschi, in un lungo colloquio dello scorso mese di maggio.
Cosa ci azzecca lo Ior con le banche genovesi? Nel 2010 Flavio Repetto , il notissimo industriale alimentare propietario di Elah, Novi, Dufour, Baratti e presidente della Fondazione Carige, aveva acquistato 100 milioni di obbligazioni dall’Istituto, senza poi incassare i diritti “perchè aveva deliberato di metterli a disposizione dello Ior”. Una specie di regalo al Papa?
In una intercettazione Berneschi commenta quella operazione, che aveva suscitato sospetti anche per la procedura con la quale era stata varata, dicendo all’attuale vice presidente della Fondazione Carige, Roberto Rommelli: “ Lo Ior? Non puoi regalare da 7 a 9 milioni al papa…anzi a Bertone…mi segui?”.
L’intercettazione, riportata oggi da “Il Secolo XIX”, in un articolo di Matteo Indice, ha lo stesso tenore delle rivelazioni a getto continuo che nei mesi tra la sua deposizione e quelli del suo arresto Berneschi sparava contro il suo “nemico” Flavio Repetto, ex presidente della Fondazione, con il quale si è scatenato il catastrofico dissidio, concausa dello scatafascio Carige di oggi.
Come mai papa Francesco voleva conoscere i dettagli di quella “donazione” nei primi mesi del suo rivoluzionario pontificato, al punto di chiedere ai vescovi liguri cosa conoscessero di quella operazione, loro marginali “operatori finanziari”, ma insediati nel territorio di Ponente della Liguria, dove la Carige, sia come banca, sia come Fondazione aveva radici di rapporti istituzionali forti?
Non era anche con l’accordo della Curia genovese e savonese e albenganese e sanremese, che erano stati decisi dai potenti liguri, inclusi l’ex ministro Claudo Scajola, il governatore della Liguria Claudio Burlando e poi i cardinali prima Tarcisio Bertone e poi Angelo Bagnasco perfino l’assetto dei consigli di amministrazione e di indirizzo della Fondazione, dove era stato piazzato anche un monsignore della Curia stessa, il cui posto era stato graziosamente concesso dalla Regione Liguria in mano al Pd di Burlando?
Ecco l’interesse del papa nuovo che voleva evidentemente vedere chiaro nei rapporti con lo Ior e magari anche in quelli con Tarcisio Bertone, il suo segretario di Stato, avviato a un brusco tramonto.
Ma i vescovi interpellati nulla sapevano di quegli affari, dello Ior della Carige e si può immaginare che allargassero le braccia, si grattassero la testa sotto lo zucchetto, davanti alla domanda diretta del papa. Loro si occupavano dei loro greggi di fedeli, magari della equa distribuzione dell’otto per mille, ma degli affari finanziari… O magari quei vescovi del Ponente conoscevano perchè il cardinale Domenico Calcagno, ex vescovo proprio di Savona era poi diventato, per nomina di Bertone, una delle figure chiave nella finanza vaticana?
E’ stato così che sempre in quella primavera del 2013 il, papa aveva sul tema consultato direttamente Angelo Bagnasco, con cui aveva più dimestichezza e che forse non aveva voluto distubare subito, immaginando che la partita riguardasse più il Ponente Ligure.
Qua torna in campoi Berneschi, nel cui ufficio il cardinale inviò subito il proprio alter ego nel mondo del lavoro, delle fabbriche e della Finanza, monsignor Luigi Molinari, un prete tutto d’un pezzo, che aveva rivolto al banchiere la stessa domanda: che ne sa di quella operazione dello IOR con la Fondazione Carige?
Le rivelazioni di Berneschi ai testimoni , che le hanno raccolte prima e adesso ai magistrati che le hanno pure “secretate”, fanno parte del cannovaccio con il quale “il Bernesco” si sta muovendo oggi per difenderssi, ma anche per attaccare i suoi numerosi nemici, tra i quali appunto anche il Cavaliere Flavio Repetto. “Ho chiesto provocatoriamente a monsignor Molinari se credeva in Dio – racconta Berneschi – e alla sua risposta positiva e scontata gli ho detto che raccontavo tutto quello che sapevo se avesse accolto la mia versione come sotto il vincolo della confessione.” Cioè sotto il giuramento di non svelare nulla a nessuno, neppure ai propri superiori.
Cosa voleva dire Berneschi, svelando la sua verità, ma vincolandola in modo addirittura sacro? Che la conosceva eccome, che sapeva, eccome…
Il monsignor così irritualmente informato aveva raccontato tutto, meno il contenuto della “confessione”, al suo cardinale Bagnasco, che ovviamente aveva convocato in Curia Berneschi per provare a farlo parlare, senza quel vincolo che impediva anche a lui di riferire al papa il messaggio segreto.
Stessa scena, magari in stretto dialetto genovese con i quale i due erano abituati a parlare: davanti al suo arcivescovo Berneschi – così ha raccontato – gli ha ripetuto la domanda provocatoria: “Eminenza, crede in Dio e nei suoi comandamenti? E allora riceva quello che dico come sotto il vincolo della confessione.”
Cosa significa tutta questa storia, ora che è passata dal vincolo sacro della confessione tra credenti a quello giudiziario, dove il secreto, per quanto “secretato” vola molto più facilmente di bocca in bocca, di verbale in verbale e probabilmente, prima o poi, di intercettazione in intercettazione?
Che le vicende della Carige, della sua Fondazione, dello Ior erano sotto l’occhio di papa Francesco da subito, quasi come una urgenza morale etica tanto forte da impegnarlo personalmente, mentre gli occhi del mondo intero misuravano ogni suo millimetrico spostamento. E che c’ è una verità importante che incrocia Genova, il Vaticano, la segreteria di Stato, il sistema finanziario. E che Giovanni Berneschi, il Bernesco, ora brandisce anche questa arma per difendersi. Beninteso, sotto il vincolo del sacramento della confessione. Amen