Genova. Roberta Pinotti alla guerra di Crimea si sfila dalla guerra del Pd

di Franco Manzitti
Pubblicato il 7 Marzo 2014 - 08:12 OLTRE 6 MESI FA
Roberta Pinotti, ministro della Difesa, maratoneta anche in politica, da Sampierdarena al Governo (Foto La Presse=

Roberta Pinotti, ministro della Difesa, maratoneta anche in politica, da Sampierdarena al Governo (Foto La Presse=

GENOVA – Nei circoli duri e puri della Valpolcevera o dello sterminato Ponente genovese, dove la bandiera Pd sembra ancora un po’ una usurpazione, l’ennesima che ha spodestato il vessillo rosso del Pci con le Querce, gli Ulivi, le scritte Pds, poi Ds, sono incerti tra l’orgoglio e lo stupore. La Roby ministro, che vuol dire Roberta Pinotti, la senatrice, cinquantenne di bella presenza, già arrivata alla poltrona parlamentare, prima di Montecitorio, poi di Palazzo Madama, poi a quella di sottosegretario nel Governo Letta, nel dicastero che un solo ligure aveva conquistato a cavallo tra gli anni Cinquanta e Sessanta, il superdemocristiano cattolico Paolo Emilio Taviani.

Sessanta anni dopo è una ragazza come la Roby, Roberta Pinotti, senza più la lunga treccia bionda degli esordi in politica, a ventiquattro anni nella giunta provinciale della sua “pigmaliona”, poi diventata nemica giurata, Marta Vincenzi, che fa sbattere i tacchi a generali, colonnelli. E mette in riga il suo partito.

Alta, impettita, sempre perfettamente pettinata con taglio corto e efficiente, ha raggiunto la meta che mai un genovese di matrice comunista o postcomunista aveva raggiunto. Anzi che nessuna donna genovese e ligure aveva ottenuto in qualsiasi partito, di qualsiasi governo o coalizione o Prima, Seconda o Terza Repubblica. Forse solo la Fernanda Contri, socialista doc, della cordata di Giuliano Amato, può vantare una carriera simile, da membro del Csm, a segretaria di Palazzo Chigi, a ministro senza portafoglio, fino a giudice costituzionale e addirittura presidente ad interim della Suprema Corte.

Ma la Pinotti è arrivata in cima, saltando con la sua grazia da maratoneta indefessa (si è allenata anche il giorno dopo il giuramento nelle mani di Napolitano, suo grande sponsor, correndo sulle gelide alture del Righi, collina genovese, abbondatemente immortalata dai fotoreporter) a bordo del carro di Matteo Renzi, quando l’ultimo vagone stava sfilando e insieme a Claudio Burlando, non certo il suo interlocutore preferito in quello che è oggi il satellitare Pd genovese e ligure.

Burlando è il governatore dalla lunga assiduità dalemiana ( il leader Maximo per lui era come un fratello maggiore) e ha fatto un vero salto della quaglia, scegliendo il carro del vincitore, la Roby, invece, non aveva stimmate dalemian-bersaniane, ma è sempre riuscita a costruirsi una carriera romana più indipendente, anche grazie alla sua abilità tutta femminile e un po’ scoutistica (come il sindaco Matteo Renzi ha l’imprinting della grande organizzazione giovanile cattolica) di gestirsi bene le pubbliche relazioni e di allargare verso i media e verso le diverse anime Pd la sua disponibilità. Ha fatto parte, nella mutante geografia postcomunista, del famoso “correntone” e poi in epoca Pd è stata considerata una “franceschiniana”, cioè della corrente di Dario Franceschini, oggi sua collega nel governo Renzi.

Grazie a una frequentazione attenta di comparsate tv nei vai salotti dei talk show e soprattutto grazie a un lavoro parlamentare molto dedicato ai temi della difesa , prima da presidente della Commissione alla Camera, poi da sottosegretario alla Difesa con Enrico Letta presidente del Consiglio, la signora senatrice ha costruito la sua perfetta carriera politica.

La sorpresa più che l’orgoglio dei democratici genovesi e liguri forse è anche un po’ determinata dal passato pacifista della ragazza, nata a Sampierdarena, le cui foto nei cortei per la pace riempiono ancora gli archivi dei fotoreporter, da giovane assessore provinciale, a assessore comunale fino a segetario Pds, lunga la rapida carriera della ragazza Pinotti. Ma si sa, quanto è cambiato il concetto di Difesa, che una volta era il ministro della Guerra. In Liguria sanno anche che Difesa si coniuga bene con molte aziende importanti, soprattutto del comparto Finmeccanica, che lavorano per quel settore da La Spezia fino a Sestri Ponente.

Pinotti, da parlamentare ligure si è sempre battuta molto per la salvezza e lo sviluppo di queste aziende della Fincantieri, dell’Ansaldo e su questo ha costruito sicuramente la sua forza di rappresentante del popolo ligure, ancorchè eletta ultimamente con le liste bloccate.

La Roby che ora va alla guerra di Crimea, magari con qualche reminiscenza da prof di Lettere delle battaglie ottocentesche per l’Indipendenza italiana, che poi causò anche molti dolori e violenze a Genova da parte dei bersaglieri del generale Alfonso Lamarmora, ha alle spalle questo percorso molto scalare, durante il quale la sua deeterminazione non è mai entrata in crisi, neppure quando nel duro inverno del 2012 si presenta alle Primarie per diventare sindaco di Genova, insieme con la sua ex amica e ora accerrima nemica Marta Vincenzi e al professor-marchese Marco Doria, indipendente vicino a Sel e arriva addirittura ultima con il 23 per cento dei voti, marcando con la sua sconfitta il patatrac del Pd.

Ma la Roby non è una che si lascia travolgere, se no che generalessa sarebbe e come avrebbe affascinato generali e colonnelli?

Mentre l’altra sconfitta di quelle Primarie, Marta Vincenzi, entra in un tunnel nero di scomparsa politica e di inchieste giudiziarie dopo la sciagurata alluvione del novembre 2011 con i sei morti, lei resta senatore senza colpo ferire, presiede la Commissione Difesa, gioca più a Roma che a Genova, prende le distanze e quando Mario Monti cade e si torna alle elezioni del 2013 viene di nuovo candidata nella lista Pd per il Senato.

Eletta entra nel governo di Letta come sottosegretario alla Difesa del ministro Mario Mauro, al quale otto mesi dopo farà le scarpe (si potrebbe dire meglio, trattandosi di ambiente militare, fa gli scarponi), sostituendolo al vertice dell’ambito ministero.

Parlamentare dal 2001 fino a oggi, sottosegretario e ministro, ora vanta una carriera lunga e redditizia che incomincia a sfidare quella del vecchio leone Alfredo Biondi, il postliberale, diventato berlusconiano e che inanellò nove legislature, coronate dal ministero della Giustizia nel primo governo Berlusconi nel 1994 e da una vice presidenza alla Camera per almeno quattro legislature….

D’altra parte l’orgoglio per il successo della Roby è aumentato dalla combinazione per la quale la Liguria può vantare, per la prima volta nella storia repubblicana, due ministri in dicasteri-chiave del Governo Renzi: oltre a Pinotti oggi siede al governo anche il quarantatreenne Andrea Orlando, di la Spezia, nientemeno che ministro della Giustizia, il Guardasigilli.

Ma questo dispiegamento di rappresentanza a Roma, nella stanza dei bottoni, nasconde una vera e propria guerra dentro al Pd ligure e genovese, di fronte alla quale quella di Crimea, dove Roberta Pinotti è impegnata oggi, sembra stratofericamente lontana. Sia la ministra che Orlando sono infatti due prescelti da Renzi, non certo molto vicini al leader per eccellenza dei democratici liguri, Claudio Burlando, il quale aveva ambizioni di governo a distanza di quindici anni dalla sua presenza in quello di Prodi I, dove fu ministro dei Trasporti.

Il governatore della Liguria aveva già annunciato di non voler cercare un terzo mandato in Regione e aveva abilmente preparato la sua successione, indicando un’altra delle virago genovesi e liguri, la bella Raffaella Paita, suo assessore alle Infrastrutture, una spezzina molto rampante, ancorchè moglie del presidente dell’Autorità Portuale genovese, Luigi Merlo, a sua volta ex assessore alle Infrastrutture della Liguria prima della consorte e fedelissimo burlandiano.

Ma l’operazione continuità preparata da Burlando è andata a carte quarantotto, sia perché al Governo ci sono finiti Pinotti e Orlando, sia perchè la parallela battaglia per la segreteria regionale del Pd, luogo strategico delle future scelte elettorali, è stata persa clamorosamente dal governatore. Il suo candidato, che era anche della Paita e della maggior parte dei renziani dell’ultima ora, Alessio Ciavarra, sindaco di Sarzana, è stato sconfitto da Giovanni Lunardon, bersanian dalemiano di maggiore esperienza e meno “sparato” sulla continuità regionale e sulla filiera del comando burlandiano.

E così il piano del delfinato in regione si è polverizzato insieme al Pd, diviso tra fazioni e una ridda di candidature che si sono spalmate sulla grande crisi ligure, come se l’emergenza fosse prima di tutto scegliere il presidente della Regione, quello dell’Autorità portuale e gli urgenti candidati all’Europarlamento e non lo scatafascio della situazione regionale copn la sanità in ginocchio, la fine dell’era industriale, il disfacimento del territorio, il patatrac delle infrastrutture, “marchiato” dal binario unico verso la Francia, con quel treno deragliato sui binari e fermo per 40 giorni.

La bella Raffaella Paita è scesa in campo in proprio con un documento firmato da 170 democrat, ma non da Burlando. Accà nisciuno è fesso, chioserebbero a Napoli. In lizza per queste Primarie si sono candidati sulle pagine dei giornali l’assessore alla Sanità, Claudio Montaldo, altro burlandiano di ferro, in sella da una trentina di anni, l’avvocatessa Francesca Balzani, ex assessore al Bilancio del Comune di Genova e eurodeputata, oggi assessore alle Finanze a Milano, indipendente e ex allieva del noto fiscalista Victor Uckmar. In modo non esplicito corre anche Pippo Rossetti, altro assessore di Burlando, ma post democristiano e supercattolico che rappresenta l’anima antica della Balena Bianca. E sullo sfondo c’è il primo candidato mai indicato per quel ruolo ma sottotraccia, il sindaco di Savona Federico Berruti, un renziano della primissima ora.

Che ci azzecca questa partita con la Roby che va alla guerra di Crimea come ministro della Difesa? Poco, perchè lei, abile come sempre nelle mura genovesi, si sfila e, a parte una battuta folgorante, registrata dai cronisti de “Il Secolo XIX” di Umberto La Rocca con la quale la signora ministra sosteneva che bisogna finirla in Liguria “con la dittatura di Burlando”, la partita ligure è lontana dal suo orizzonte.

Ma non si può negare che nel Pd ligure ora Roberta Pinotti conta di più e può dire la sua in modo molto più autorevole. Insomma, non manderà carri armati in Piazza della Vittoria, sede del Pd, ma vigilerà su un’altra guerra, che per la Liguria potrebbe essere decisiva.