Libia e mondo arabo in rivolta. Europa basta con gli espedienti prima che sia troppo tardi

di Gennaro Malgieri
Pubblicato il 11 Marzo 2011 - 00:27 OLTRE 6 MESI FA

L’Europa si è improvvisamente svegliata accorgendosi di non avere una politica mediterranea. In particolare se ne sono resi conto quei paesi, come l’Italia, che maggiormente avrebbero dovuto coltivare proficui rapporti politici con i dirimpettai della sponda Sud. O meglio, lo hanno fatto, ma semplicemente badando a non inimicarsi il tiranno di turno al quale hanno riconosciuto lo status di interlocutore per pur fini economico- commerciali, disinteressandosi del tutto dei diritti calpestati da regimi autocratici e corrotti. L’Europa ha così, suo malgrado, quando meno se lo aspettava, preso contezza che esiste anche un altro Nord Africa, quello della gente che ha subito la decolonizzazione non come conquista della libertà, ma come un surrogato dell’indipendenza pagata a caro prezzo per oltre mezzo secolo. Adesso che le masse giovanili nordafricane hanno preso il coraggio nelle loro mani ed hanno lanciato il loro destino oltre lo spazio mediterraneo, i governi europei non sanno bene che cosa fare.

Prima le loro classi dirigenti si facevano fotografare in posa con i tiranni di turno; oggi li rinnegano, ma dimostrano pure di non avere un concreto e coerente piano di sostegno alla nascente democrazia che potrebbe, da un momento all’altro, essere ricacciata nel buco nero dal quale, con l’entusiasmo di ragazzi armati per lo più di pochi computer, è uscita suscitando stupore.

Il fatto che dietro le rivolte di queste settimane non ci siano opposizioni organizzate, né il fanatismo islamista (almeno per il momento), lascia ben sperare. Ma è anche vero che soltanto i militari, come forza capace di garantire un minimo di ordine, sono nelle condizioni di determinare la transizione. Transizione che, per esempio in Egitto, tarda a decollare come testimoniano la ripresa delle violenze negli ultimi giorni e l’attivismo della polizia segreta di Mubarak. Neppure la Tunisia può dirsi al riparo da un ritorno al passato pur escludendo il richiamo in patria di Ben Ali. E per quanto riguarda la Libia, la situazione è maledettamente complicata. Qualcuno immagina una via d’uscita nella divisione del Paese; qualcun altro nell’occupazione militare con tutte le conseguenze che un intervento terrestre implica. Insomma, nessuno ha una ricetta per normalizzare il Nord Africa ed opporsi alle degenerazioni che le rivolte serpeggianti anche nel Mashrek potrebbero assumere.

Se l’Europa, ma anche gli Stati Uniti, avessero preso per tempo contezza di ciò che si agitava nel Mediterraneo meridionale, probabilmente si sarebbero creati i presupposti per normalizzare immediatamente le nazioni che si scrollavano di dosso decenni di vessazioni. Inutile, comunque, piangere sul latte versato, si dirà. È vero, ma a condizione che l’Unione europea elabori una strategia complessiva d’intervento se non vuole che il Maghreb si trasformi in un Afghanistan mediterraneo con evidenti ricadute nei nostri Paesi i quali già dovranno fronteggiare una crisi umanitaria che nel giro di qualche mese potrebbe assumere contorni apocalittici. Non è escluso che, se non dovessero consolidarsi nuovi equilibri, l’islamismo, nelle forme del settarismo terroristico soprattutto, non intervenga a svolgere la sua criminosa funzione di supplenza “somalizzando” i Paesi più esposti, alimentando, magari, anche la folle ambizione di creare un califfato mediterraneo.