Toti, Maroni, Zaia: centrodestra ricomincia da tre

Luca Zaia (foto LaPresse)
Luca Zaia (foto LaPresse)

ROMA – Querele, controquerele, minacce di scissioni, analisi dei dati elettorali che spiegano tutto e il contrario di tutto, stanno dominando la fase post elettorale. Quando le luci dell’ultimo talk show si saranno spente, a causa delle ferie estive capaci di estinguere ogni vis polemica, sarà pur necessario ritagliare uno spazio per l’analisi politica e per i fenomeni che potrebbero segnare il medio periodo, da qui alle politiche del 2018, salvo incidenti di percorso.

Una delle novità sta nell’incontro tra i presidenti della Liguria,Toti, e della Lombardia, Maroni. Presto ai due si aggiungerà Zaia che, nel Veneto, ha stravinto contro una Alessandra Moretti che non ha subito tradimento alcuno e che, alle sue spalle, aveva un partito unito ed alleati di provata fede. Detto per inciso, se fossimo in Renzi, dedicheremmo qualche secondo in più al disastro veneto, piuttosto che al prevedibile risultato della Liguria.

Il trio Toti, Maroni, Zaia, senza dimenticare l’ottimo risultato colto dal popolare Ricci in Umbria, potrebbe diventare il perno di una futura e rinnovata alleanza di centro destra.

Naturalmente il capo non potrà essere né Salvini, né Berlusconi, ma una figura capace di tenere insieme gli estremismi della Lega e gli interessi rappresentati dai forzisti.

Sul piano europeo i primi guardano agli euroscettici, e non disdegnano legami con i razzisti e con formazioni neofasciste, i secondi non intendono recidere i rapporti con il partito popolare e , di conseguenza, con la Merkel, con Sarkozy, con Rajoy.

Il matrimonio non sarà facile, si sprecheranno le invettive e le minacce, ma nessuno dimentichi che , già nel passato, la destra italiana è riuscita a conciliare quello che sembrava inconciliabile : dai popolari europei a Forza Nuova. Questo itinerario sarà ripercorso e a indirizzarlo saranno i presidenti delle regioni Liguria, Lombardia e Veneto.

Se così sarà, questo muterà anche la parabola del cosiddetto Partito della Nazione, perché Renzi troverà, sulla sua destra, una presenza consistente, insidiosa, capace di coniugare populismo ed iperliberismo, malessere sociale e privatizzazioni, difesa delle piccole patrie e odio per ogni forma di differenza e di diversità.

Una simile coalizione potrebbe persino vincere le elezioni, anche se, subito dopo, finirebbe vittima delle sue contraddizioni. La sola esistenza di questa ipotesi costringerebbe Renzi, al di lá delle parole di queste ore, ad abbandonare l’idea del partito “Pigliatutto, di tutto e di più..” e a ridefinire identità, linguaggi e politiche del Pd.

In queste ore si parla molto di regolamento di conti interni al Pd, forse ci saranno, forse alcuni usciranno ed altri tireranno un sospiro di sollievo.

Qualcuno li avverta che , al termine di queste separazioni, dovranno trovare modi e forme delle future alleanze perché, altrimenti, sarà la nuova vecchia destra dei Toti, Maroni e Zaia, a regolare i conti con tutti loro, senza distinguere tra moderati e radicali, blairisti e tsipriani, papisti e atei militanti…

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