Dice il Nobel Thomas Sargent che George Washington e il ministro del Tesoro Alexander Hamilton decisero nel 1790 di accentrare nel debito federale il debito statale di 13 Stati americani insolventi, ottenendone in cambio dagli Stati la possibilità di appropriarsi del gettito derivante dalle tariffe e dazi doganali, fino ad allora statale, che passò così in mano al Governo federale.
Il Governo centrale fece … buon uso di questo potere fiscale, aumentando subito le tariffe, così da ripagare il debito ai creditori che avevano finanziato il Governo americano e gli Stati durante la guerra di indipendenza.
E’ opinione di Sargent che tale mossa permise di costruire d’incanto una forte reputazione del Governo federale nei mercati finanziari, essenziale – nella visione di Hamilton – nei (futuri e probabili) momenti di crisi (specie le Guerre) per ottenere finanziamenti a tassi convenienti.
La cessione di potere impositivo da parte degli Stati non sarebbe stata così semplice senza la presa in carico dei debiti dei 13 Stati. Ci fu uno scambio mutualmente vantaggioso tra Stati e Governo federale.
Nel 1840 però, di fronte ad un’altra crisi dei debiti statali, il Governo federale stavolta si rifiutò di ripagare i debiti. Gli Stati fecero fallimento e i creditori non furono pagati. Nel prendere questa decisione, dice Sargent, il Governo federale rinunciò ad ottenere ancor maggiore potere fiscale a scapito degli Stati, lasciando loro una sostanziale autonomia impositiva, un potere fiscale che come 50 anni prima gli Stati probabilmente avrebbero volentieri ceduto al Governo centrale in cambio dell’aiuto sul debito. Questo non arrivò, perché non si sentiva – come invece nel 1790 – l’esigenza di maggiore potere impositivo centrale.
Il ruolo del Governo federale nell’economia fu (fino al 1920 circa) minimo, se non in momenti straordinari come quelli delle guerre interne ed esterne. In periodi di pace il potere impositivo fu spesso tolto al Governo federale e il debito fu lasciato, come nel 1840 appunto, in mano agli Stati per fare le loro opere infrastrutturali (e, se del caso, fallire).
La domanda chiave: perché il potere impositivo ed il debito vennero lasciati a livello locale e statale?
Il Governo federale Usa temeva chiaramente che i tempi non fossero maturi, quanto a coesione nazionale, per:
a) un debito federale lontano dal finanziamento di progetti locali;
b) una tassazione federale potenzialmente troppo iniqua rispetto agli interessi speciali (sempre locali) che non finanziasse a sufficienza;
c) i progetti pubblici, sempre locali.
Uno Stato, quando si sente diverso dagli altri, vuole un governo diverso dagli altri, è giusto che sia così. La forte autonomia impositiva e di spesa degli Stati svanì solo nel XX° secolo con la riduzione delle differenze culturali tra gli Stati degli USA e con il crescere di un concetto di interesse nazionale geopolitico.
Veniamo ai nostri giorni e a casa nostra, partendo da una premessa: chi sostiene che bisogna passare ad un debito Federale (eurobond o altre proposte) deve evidentemente ragionare tenendo conto della conseguente necessità di un maggiore potere impositivo centrale a Bruxelles. Non può essere altrimenti.
Noi ora in Europa ci stiamo innamorando del “metodo Hamilton”. L’idea è che facendo del debito federale il nostro debito – come allora quello negli Usa – riacquisisca una sua reputazione che pare smarrita (basta guardare gli spread).
C’è tuttavia una … piccola differenza. Lo vogliamo fare senza cancellare il debito greco, come invece fece Hamilton con i 13 stati, e per di più sottraendo alla Grecia tanta autonomia fiscale e di spesa che ci viene spontaneo chiederci: come possiamo pensare che i greci siano d’accordo con tutto ciò?
E penso anche agli italiani, quando gli diremo che le nostre tasse e la nostra spesa li deciderà il Governo europeo: quale miglior modo per far nascere un sentimento anti-europeo?
Sargent chiude dicendo: “Gli europei potrebbero essere tentati di dire “sì” ai salvataggi del debito dei singoli Stati europei da parte dell’Europa [come con Hamilton]. Oppure potrebbero rammentarsi di quando gli Americani preservarono il loro sistema federale [con connessa autonomia fiscale degli Stati] dicendo “no” a tali salvataggi (come nel 1840)”. E lasciando la … Grecia libera di fallire sul suo debito.
Ora la verità è che gli europei che stanno decidendo cosa fare dell’Europa in questi momenti così drammatici, i nostri leader, vorrebbero fare le cose “à la carte”: un po’ di questo (il debito europeo senza ripudiare quanto detenuto dai creditori), un po’ di quell’altro (la Grecia però non la salviamo cancellandole il debito…) e di quell’altro ancora (…senza preservare l’autonomia fiscale per Grecia e Co.).
Altro che scambio mutualmente vantaggioso!
Le citazioni di Hamilton prese strumentalmente sono rischiosissime: perché la storia degli Stati Uniti, un successo indubbio cui ci dobbiamo senz’altro ispirare, è complessa e ha avuto bisogno di tempo per maturare. Prima sono nati l’unione e il sentimento pro-americano nei suoi cittadini, poi è nato il Governo federale americano. Non pare che oggi un olandese o un italiano si sentano europei e fratelli. anche se si sentono più europei e più vicini di quanto non lo fossero alla fine della seconda guerra mondiale, solo 70 anni fa. Visto che gli Stati Uniti ci hanno messo 150 anni a fare uno Stato fortemente federale ma anche centralizzato, direi che solo con il lento avvicinarsi reciproco possiamo sperare di essere uniti e dunque pronti per quegli Stati Uniti di Europa che sogniamo.
Ma una cosa è certa: non basta il tempo, ci vogliono i valori. L’America è maturata sotto il segno del rispetto per la diversità (tra Stati) e la solidarietà (verso gli Stati meno abbienti).
Manca ancora qualcosa perché si diffondano i valori: abbiamo bisogno di leader. Quella leadership e visione che non difettavano ad Hamilton e Washington.