La calda estate dell’ispettore Euro, ma lui rischia la pensione, noi…l’ospizio

di Mino Fuccillo
Pubblicato il 26 Giugno 2012 - 15:20 OLTRE 6 MESI FA

ROMA – Nessuno titola: per il dopo elezioni Berlusconi, Grillo, Di Pietro e Maroni annunciano un taglio a stipendi e pensioni del 20 per cento. Eppure è il calcolo minimo, la cifra ottimista di inflazione immediata se l’Italia lascia l’euro o se l’euro lascia l’Italia, fa lo stesso. Eppure sia Berlusconi che Grillo che Di Pietro e Maroni vanno, anzi già sono, in campagna elettorale con il viso dell’arme rivolto verso la moneta unica. Sono tutti impegnati a prendere voti contro l’euro, non escludono di doverlo prendere a calci o do dover scappare lontano da lui…Eppure nessuno in Italia titola: possibili tagli del 20 per cento di stipendi e pensioni nel 2013 dopo che l’Italia sarà andata a elezioni.

Nessuno titola perché nessuno ci crede fino in fondo, neanche quelli che dicono e comiziano che dall’euro si può uscire e che il debito si può non pagare fino in fondo ci credono che possa succedere davvero. Nel dibattito politico italiano l’uscita o il crollo dell’euro è un po’ come la “secessione coi fucilieri bergamaschi” di Umberto Bossi. Mai visti né l’una né gli altri però se ne parlava, si plaudiva e si condannava, ci si schierava. Tanto si sapeva che nessuno sparava davvero, anzi che non c’era proprio nessuno armato nelle mitiche “valli bergamasche”. Una politica che vanta antiche e radicate tradizioni, abilità  e competenze di affabulatori si può dire con ammirata benevolenza, oppure una politica di pagliacci con molto pubblico e clienti, anche questo si può dire. L’una o l’altra che sia, continua. Anche sull’euro, anche intorno all’euro.

Circostanza, quella della politica che affabula e guitta, che contribuisce non poco a creare almeno in Italia una sensazione di “drole de guerre”. Di guerra per finta come sembrava dal settembre 1939 al maggio del 1940 quella mondiale sul fronte franco tedesco. Erano tutti armati, erano tutti in guerra, ma più o meno non si sparava un colpo. Si moriva lontano, in Polonia ad esempio, qui, a casa era guerra per finta. Poi venne l’inferno e si morì a milioni anche qui, ad occidente. Adesso, almeno a giudicare dalla politica italiana, è drole di crisi. Un gioco, solo un gioco di guerra, con Berlusconi che getta il guanto di sfida alla Merkel, anzi quasi espelle la Germania dall’Europa se Berlino non obbedisce alla mozione parlamentare del Pdl, con Beppe Grillo che sfida tutte le banche e i banchieri del mondo, e la finanza e le multinazionali e il petrolio e il nucleare e anche i terremoti, con Di Pietro che insegue Grillo pensando che i Carabinieri, quelli della politica, debbano andare sempre in coppia, con la ormai intristita Lega di Maroni che fu di Bossi a far finta che l’Imu l’abbia messa la Merkel e che la “padania” sia l’unica a pagare nel mondo l’imposta sugli immobili.

La politica per come pensa, parla e si muove in Italia contribuisce a creare questo singolare, ma non strano, clima che c’è nel paese in attesa del vertice europeo di fine giugno, fine settimana, forse anche di fine…e basta. Tutti sanno, anche i cittadini comuni, che se non si fa qualcosa, e anche qualcosa di grosso, ci si fa male. Tutti e di brutto. Tutti sanno che prima o poi, più prima che poi, se non ci sarà una garanzia europea sui depositi bancari saranno in molti, comunque in troppi a ritirare il proprio deposito e a tesaurizzarlo in contanti. Tutti sanno che succede in questi casi, non c’è bisogno di spiegarlo. Tutti lo sanno, anche se lo hanno visto solo al cinema o in tv nei film o nelle fiction. Ecco, lo sappiamo tutti ma ci muoviamo come fosse un film da cui puoi scendere cambiando canale o uscendo dalla sala. Tutti sanno, oddio non proprio tutti ma quanti bastano, che chiedendo soldi in prestito a tassi del cinque, sei e dio non voglia sette per cento anche Spagna e Italia non ce la fanno più a ripagare i debiti. E quindi nessuno presterebbe più loro e quindi…Stato senza un euro. Tutti, anzi pochi, sanno che i grandi investitori del risparmio mondiale non comprano più nulla in euro. Tutti sentono ogni giorno che o si fa qualcosa di grosso o ci si fa male davvero. Ma non si vedono mobilitazioni e manifestazioni se non pro disgrazia e pro peggio: quel poco che del paese si muove, moltiplicato nella sua consistenza dal web, dalla tv e dai giornali, si muove contro l’euro, per avere in casa il peggio domani, il prima possibile.

E il resto del paese osserva la calda estate dell’ispettore euro come un movie giallo-nero dove se il protagonista finisce in pensione, più o meno affari suoi. Drole di crisi dove chi crede di essere solo spettatore, nonostante gli sia stato gridato in tutte le lingue e in tutti i toni, proprio non riesce a pensare che se l’euro va in pensione lui va all’ospizio. Subito, l’anno prossimo, con salari e pensioni e ogni soldo in tasca che vale almeno il 20 per cento di meno, super taglio del 20% anche se nessuno lo titola. E senza neanche passare per la casella degli esodati, dritti filati dalla “drole de guerre” a Dunkerque in sole tre o quattro settimane.