Emanuela Orlandi, 40 anni fa oggi spariva nel nulla: mistero di Fatima pista bulgara o sogno infranto?

Emanuela Orlandi, 40 anni fa oggi spariva nel nulla: mistero di Fatima o sogno infranto? la moglie di Agca rivela a Pino Nicotri la sua verità

di Pino Nicotri
Pubblicato il 22 Giugno 2023 - 07:13 OLTRE 6 MESI FA
Emanuela Orlandi, 40 anni fa oggi spariva nel nulla: mistero di Fatima pista bulgara o sogno infranto?

Emanuela Orlandi, 40 anni fa oggi spariva nel nulla: mistero di Fatima pista bulgara o sogno infranto?

Emanuela Orlandi, oggi è il quarantesimo anniversario dalla scomparsa, il 22 giugno 1983.  Il suo destino è sempre avvolto dal più fitto mistero.

Pino Nicotri ha intervistato Elena Rossi, la moglie italiana di Alì Agca, il turco che sparò, senza ucciderlo, a papa Wojtyla Giovanni Paolo II, figura costante nella leggenda di Emanuela.L’intervista è molto lunga (oltre 7 mila parole). La abbiamo divisa in 6 puntate, ecco le prime 5, uscite on line a partire da domenica 11 giugno

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Pino Nicotri conclude l’intervista e chiede.

Agca ha dischiarato: “Wojtyla in persona voleva che io accusassi i Servizi segreti bulgari e quindi il Kgb sovietico. Il premio per la mia collaborazione, che loro mi offrirono e che io pretendevo, era la liberazione in due anni. Io potevo essere liberato tuttavia solo a condizione che il presidente Sandro Pertini mi concedesse la grazia ed esattamente per questa ragione Emanuela e Mirella vennero rapite”.

Che si tratti di affermazioni non veritiere lo dimostra il fatto che Mirella Gregori scomparve il 7 maggio ’83, cioè un mese e mezzo prima di Emanuela, ma nessuno ne parlò finché non venne pubblicata una sua foto col suo nome in una articolo di Panorama dell’agosto ’83 intitolato “Emanuela e le altre”.

A tale domanda ho già parzialmente risposto parlando della fotocopia della denuncia di scomparsa di Mirella. Papa Wojtyla in persona chiese ad Ali Ağca di accusare i “Russi” durante un secondo incontro segreto avvenuto la prima metà di aprile 1984, ma non gli parlò assolutamente né di Mirella né di Emanuela.

Gli promise comunque anche lui la liberazione in pochi anni, e che sarebbe stata ancora più rapida se si fosse convertito pubblicamente al Cristianesimo e se avesse intrapreso il percorso per diventare sacerdote. In quel caso gli sarebbe stato facile disporre il suo trasferimento in Vaticano. Ali era ed è musulmano e rifiutò il battesimo cristiano.

L’articolo che lei ha citato, Emanuela e le altre, a parte l’ipotesi, per me fantasiosa, della tratta delle bianche, è importante, perché contiene una dichiarazione della mamma di Mirella, secondo la quale, la signora Vittoria aveva riconosciuto nell’identikit di due uomini che erano stati visti insieme a Emanuela poco prima della sua scomparsa, due “brutti ceffi” che erano entrati nel loro bar il giorno dell’inaugurazione, accordando troppa attenzione a Mirella. Anche questo elemento pare indicare un chiaro collegamento tra i due casi.

Nel primo colloquio avuto con Pietro Orlandi a Istanbul vari anni fa Ağca ha sostenuto che il mandante del sequestro di Emanuela Orlandi era Wojtyla perché il Papa voleva costringere il presidente della Repubblica a concedergli la grazia. Wojtyla si era impegnato a far graziare Ağca perché aveva avvalorato la “pista bulgara” suggeritagli dallo stesso papa per poter mettere in difficoltà l’Unione Sovietica. Alla luce delle forti critiche contro Pietro Orlandi per le sue insinuazioni a carattere sessuale su Wojtyla, dichiarato nel frattempo santo, oggi Ağca ribadirebbe quelle sue affermazioni?

Certamente si, magari senza spingersi tanto inopportunamente oltre perché solo papa Francesco ha la facoltà di decidere sulla risoluzione definitiva del caso di Mirella ed Emanuela, non certo Ali.  La pista politica non ha nulla a che fare con la pista sessuale raccontata nell’audio di Neroni che consideriamo veramente poco attendibile e irriverente verso due ragazzine di 15 anni….

E ovviamente anche verso papa Wojtyla che aveva troppo da fare con la politica e non penso avesse il tempo per “andare a donne” e tantomeno a “ragazzine”.  Non penso che il rapporto con l’altra metà del cielo fosse tra le priorità papali.  

Mi scusi, è impossibile che Papa Wojtyla abbia confidato il proprio ruolo, decisamente compromettente, ad Agca o a chiunque altro non super fidato e ben capace di mantenere il segreto. Inoltre non c’era nessun bisogno di montare certi ricatti: Wojtyla se desiderava qualcosa, come la grazia ad Agca, non avrebbe dovuto fare altro che dirlo al presidente della repubblica Sandro Pertini, che della sua amicizia con il Papa polacco si vantava pure, o al suo successore Oscar Luigi Scalfaro, cattolicissimo. Lei sa che io Agca per la sua girandola di versioni l’ho soprannominato Agca-cha-cha-cha? Dal nome del ballo sudamericano Cha Cha Cha. 

Si lo so. Gli avvocati della difesa di Sergey Antonov contarono 107 balle raccontate da Ali Ağca. Diciamo che 90 gliele suggerirono  e 17 le improvvisò lui. Quando parla al pubblico, avverte l’esigenza irrefrenabile di confondere almeno un po’ le acque… è più forte di lui.

Poi è sempre propenso a difendere papa Wojtyla perché lo perdonò e ricevette in Vaticano ben quattro volte la sua famiglia che venne trattata, mi dicono, molto bene.  İn casa sta normale, non mente mai, né a mé, né ai nipotini né agli altri parenti. Lo stesso vale per gli amici più intimi. Noi siamo “suoi” e dunque è leale, fedele e protettivo come sa esserlo un capobranco.

Poi, come ho detto, ci sono state anche le “esigenze editoriali”, per pubblicare un libro o un articolo, occorre dire qualcosa di nuovo e non necessariamente la verità. Così è nata la “pista iraniana” e l’accusa al cardinal Casaroli , il “papa rosso” di Imposimato, che poverino era sicuramente il meglio là dentro! In ogni caso, io sono filosofa e uso il metodo socratico per interrogare le persone. Si tratta di un metodo infallibile che induce le anime a partorire la verità.

Come è venuto in mente ad Agca di proclamarsi Gesù Cristo in terra?

A tale questione nel mio libro dedico svariate pagine. Qui, in sintesi, posso dire che per capire il senso di tale affermazione, occorre partire dai Misteri di Fatima e dall’interpretazione che papa Wojtyla diede di essi. Il papa polacco riteneva che il Terzo mistero di Fatima si fosse compiuto con l’attentato alla sua persona. Solo che il “vescovo vestito di bianco” nel Mistero muore, allora fu necessario operare un aggiustamento: la Madonna intervenne per deviare la pallottola dello spietato killer professionista e infallibile (come lo definì Dziwisz..) così “professionista” da non pulire nemmeno la pistola prima dell’ attentato…

Durante il secondo incontro, avvenuto per volontà di Wojtyla nella prima metà di aprile 1984, il Papa gli spiegò i Misteri di Fatima e alla luce di questi, gli spiegò anche quanto fosse importante accusare i «Russi» al preciso fine di favore la fine di quel regime diabolico. Il Papa gli disse che entrambi erano stati i protagonisti di un miracolo, e che anche lui era una «persona sacra» e che proprio per questo doveva abbracciare completamente il bene, convertendosi al Cristianesimo.

Sentirsi dire simili cose dal Papa in persona lo esaltò non poco, lui che aspirava a divenire una grande personalità storica . Così, pur rifiutando la conversione, elaborò un’interpretazione di se stesso a mezza strada tra Cristianesimo e Islam.

Il profeta Gesù/İsa redivivo, una sorta di Mahdi, simile al Messia atteso dagli Ebrei. Adesso, ha un po’ accantonato questa visione, pur rimanendo convinto di essere stato uno strumento di Dio per il compimento del Terzo mistero di Fatima. Io sono personalmente molto convinta che se riusciremo a ritrovare Emanuela e Mirella ancora in vita, parleranno della loro umana vicenda, interpretandola alla luce dei Misteri di Fatima e la matrice risulterà la stessa!

Strana questa visione o esaltazione religiosa che mescola elementi di religioni tra loro molto diverse.

Ma c’è di più. Poco tempo dopo, in carcere, gli fu recapitato un biglietto con scritto Emanuela=Emmanuel. Ovvero, Emanuela verrà scambiata con l’Emmanuel….  

Nel vangelo di Matteo il nome Emmanuel, che in ebraico significa “Dio con noi”, viene attribuito dall’evangelista a Gesù Cristo. Mi scusi, ma non credo proprio che Agca potesse saperlo e cogliere quindi l’allusione alla propria liberazione.

Dubbi legittimi. Resto il fatto che Ali venne ripetutamente sollecitato proprio “là dove gli doleva”, cioè nel ritardo della sua scarcerazione, al preciso scopo di domare il suo innato ribellismo e mantenerlo ben saldo dentro i binari della pista bulgara.  Forzarono forse un po’ troppo la mano ottenendo l’exploit messianico alla prima udienza del secondo processo.

In quell’occasione tuttavia ci fu anche la volontà da parte di Ali di “ricattare” il Vaticano per quella grazia tanto promessa in cambio del servizio reso e ancora da rendere in sede processuale, ma che appariva sempre più come un miraggio a causa dell’opposizione di Pertini (almeno così gli dissero). Il messaggio era: “O mi garantite la grazia o io demolisco la vostra pista bulgara e il processo” che sta iniziando.

Agca ha tirato in ballo anche lui il terzo segreto di Fatima.

Durante il processo spesso Ali fece riferimento al Terzo mistero di Fatima al punto che durante un’udienza, il presidente Santiapichi, magistrato onesto, gli chiese: «il Terzo mistero di Fatima è lei che spara al Papa?»

Ali rispose di si. Ma, santo cielo, mi domando io, perché non gli chiese anche come lo aveva saputo dato che era il 1985 e il Terzo segreto sarebbe stato reso noto solo nel 2000?! Se avesse opportunamente indagato sul punto, avrebbe anche potuto scoprire la regia occulta di quel processo farsa, dove persone innocenti vennero trattate come criminali…. a partire dal povero Antonov che non si sarebbe mai più ripreso da quella brutta esperienza.

Secondo me sono inventate anche le accuse di Agca contro il sindacalista Luigi Scricciolo di avere organizzato un attentato, mai eseguito, contro Lech Walesa, capo della sempre più forte opposizione in Polonia contro il regisme comunista e la dipendenza dall’Unione Sovietica. L’attentato avrebbe dovuto avere luogo a Roma quando Walesa andò a far visita a Papa Wojtyla, suo forte e deciso sostenitore, oltre che finanziatore dell’intero movimento contro il comunismo e Mosca. 

Si, il presunto attentato avrebbe dovuto attuarsi nel gennaio ‘81, in occasione della visita di Walesa a Roma. İn quella data Ali Ağca non sapeva nemmeno dell’esistenza di Walesa. Imposimato andò da lui in carcere, e gli disse: «Dobbiamo fare un bidone» , il bidone era appunto il progetto di attentato a Walesa. In quell’occasione, Imposimato gli disse: «Se non continui con la pista bulgara starai in galera trent’anni!».

Ali mi ha raccontato di quando scrissero il verbale tutti insieme, inventandosi di sana pianta la dinamica dell’attentato che doveva essere realizzato con una carica di esplosivo davanti all’hotel Vittoria, dove Walesa alloggiava. Ali dice che fu divertente, ridevano tutti, soprattutto D’Ovidio.

Il problema è che dentro a quella spy story c’erano le vite di Luigino Scricciolo e di Sergey Antonov… lo stesso Walesa, certamente informato del “bidone”, al suo rientro in Polonia, dichiarò che «qualcosa stava per succedere», poi parlò anche di un invito notturno rivoltogli da Scricciolo e da un altro a fare un giro per Roma senza scorta, indicandolo come una trappola mortale prontamente evitata con un rifiuto.  I killer, ovviamente, dovevano essere Ali e Antonov…..

Da quando Agca è tornato libero che lavoro fa per vivere?

Ali insieme a un nipote e a un amico ha un’agenzia immobiliare. Commerciano in case, terreni e talvolta anche in camion e macchine agricole.

Può raccontarci come lo ha conosciuto, perché ha deciso di sposarlo e seguirlo in Turchia? 

Ho una visione piuttosto fatalistica della vita e soprattutto in amore, credo alla predestinazione, in fondo non scegliamo di chi innamorarci, Ali è il mio predestinato e tra noi c’è stato un reciproco riconoscimento di anime e di corpi. Quando è venuto sulla tomba di Wojtyla nel dicembre 2014 ho avuto un ritorno di fiamma, quella fiamma che soffocai da ragazzina su insistente consiglio di parenti e amici.

Se fosse possibile tornare indietro, andrei a trovarlo in carcere e ci saremmo certamente sposati mentre era ancora detenuto in Italia. Purtroppo è andata diversamente… ma forse è così che doveva andare. Alla fine di dicembre 2014 cominciai a cercare un suo contatto e riuscii a trovare la mail del suo avvocato, così gli scrissi e lui mi rispose. Cominciammo anche a sentirci per telefono.

Poi a gennaio andai a İstanbul per incontrarlo. Non conoscevo il suo indirizzo, avevo solo un numero di telefono nemmeno intestato a lui, ma partii fiduciosa senza alcun timore. Lui piuttosto, mi confidò un po’di tempo dopo di aver avuto qualche sospetto che potessi essere una spia del KGB o del Vaticano… una di quelle spie che usa il metodo Romeo ! Dopo poco i sospetti si dissiparono ed eccoci ancora qui, insieme, dopo quasi 8 anni.

Come l’hanno presa i suoi genitori?

Ai miei dissi di avere sposato un turco senza specificarne bene l’identità. Mia mamma aveva un grave problema circolatorio e poi venne a mancare poco dopo a causa di un ictus, mentre mio babbo soffriva di alzheimer e non era nemmeno più tanto in grado di capire, quindi ho preferito evitare di comunicare loro una notizia inevitabilmente un po’ allarmante. Gli altri parenti che mi restano lo sanno e hanno accettato serenamente la cosa.

Lei ha due lauree. Che lavoro fa per vivere?

Ho ereditato un po’ di soldi da mia mamma e li ho investiti in banca qui in Turchia dove i tassi di interesse sono decisamente più alti rispetto all’Italia e mi garantiscono un’entrata mensile di tutto rispetto. Penso che continuerò a scrivere su argomenti di cronaca e sui problemi del Medio Oriente attorno ai quali esiste parecchia disinformazione.