No al bavaglio, sì al teleobiettivo indiscreto

di Pino Nicotri
Pubblicato il 28 Novembre 2011 - 11:40 OLTRE 6 MESI FA

Come si vede, non c’è stato nessun attentato alla privacy né al buon funzionamento del Parlamento e nemmeno c’è stata divulgazione di segreti politici o militari o d’altro rilevante stampo. Ha quindi ragione il segretario generale della Federazione della Stampa Italiana (FNSI), Franco Siddi, quando ha stigmatizzato il divieto ai teleobiettivi indiscreti. Queste le parole di Siddi: “E’ incredibile ed inaccettabile la declinazione oscurantista del testo del modulo presentato ai colleghi fotoreporter dalla Camera dei deputati per ottenere l’autorizzazione ad accedere alla tribuna stampa. Diciamolo chiaramente: queste sono delle vere e proprie censure assolutamente improponibili. Il Parlamento è un luogo pubblico per eccellenza e quando la sua attività è in seduta aperta non può certo essere soggetta a forme di controllo come quelle messe nero su bianco sul modulo. I fotoreporter sono cronisti come tutti noi. E’ veramente inquietante la suscettibilità di quei parlamentari che si spingono a voler impedire l’attività professionale di chi fa informazione”.

Ecco, il problema è (anche) che i fotografi sono dei fotoreporter, cioè dei reporter, vale a dire dei giornalisti, che “riportano” con singole immagini anziché con le parole. E quindi prendere a pedate o intimidire un fotografo accreditato alla Camera o al Senato equivale a prendere a pedate o intimidire un giornalista professionista parimenti accreditato. Anzi, peggio. I giornalisti accreditati in Parlamento sono infatti di solito stipendiati, e ben stipendiati, con regolare contratto, mentre i fotografi di norma sono pagati a singolo fotogramma venduto ai giornali.

Se vogliamo dirla tutta, non ce lo vediamo il governo che imbavaglia giornalisti e operatori della Rai o delle reti Mediaset anche se le loro telecamere fossero dotate, come è giusto che sia, di teleobiettivi formidabili, da 007. Perché gli stipendiati della Rai e di Mediaset no e i fotografi, precari pagati a pezzo, invece sì? Il problema temo sia in realtà un altro. Non sono pochi i parlamentari che soprattutto da quando esistono gli iPad, detti anche tablet, passano il tempo tra i banchi guardando siti porno. Lo facevano anche quando esistevano solo i computer portatili, più ingombranti e pesanti degli iPad.