Berlusconi/Lega lo scoglio sono…quei soldi da togliere al Sud

Quel che Berlusconi alla Lega non può dare è ciò che la Lega vuole: un programma di governo dove il 75% delle tasse pagate resta alle Regioni di provenienza, cioè “Prima il Nord” e meno soldi al Sud. Ma come fa Berlusconi ad andare in campagna elettorale al di sotto del Po se firma un simile patto? A Berlusconi servono i senatori della Lombardia e li può avere con la Lega. Però un patto aperto non lo può firmare sulle tasse “nordiste”. Proverà a dire di sì alla Lega chiedendo a Maroni di non farlo sapere in giro?
Alfano, Berlusconi e Maroni (foto Lapresse)

ROMA – Questione di soldi quella che tiene Roberto Maroni e la Lega lontani da Berlusconi e dal Pdl. Vorrebbe fortemente, il Cavaliere, chiudere un accordo elettorale con il Carroccio. Meno quelli di via Bellerio che in cambio chiedono che il Pdl accetti una cosuccia come il 75% delle tasse che resta nelle Regioni da cui provengono. Chiede cioè, la Lega, meno soldi per il Sud e più per Lombardia e Veneto, rispolverando un credo antico del popolo leghista, praticando, se la va, una secessione fiscale. Dando corpo al motto e slogan della Lega formato Maroni: “Prima il Nord”.

Una richiesta che Berlusconi però non può accontentare, almeno ufficialmente, perché è una richiesta che da Firenze o da Roma in giù equivarrebbe alla Caporetto elettorale del Pdl. E’ vero che al Nord il Cavaliere ha bisogno dei voti leghisti per sperare di togliere senatori a Bersani e ai suoi, ma non può però rinunciare ai voti del meridione. E come si fa ad andare in campagna elettorale al Sud alleati con quelli che dicono “prima il Nord” non in astratto e in teoria ma nella concreta distribuzione dei soldi pubblici? Intorno a questo nodo, sostanzialmente, si gioca la difficile partita Lega-Pdl.

Hanno a disposizione ancora una settimana o poco più gli ex alleati per trovare un accordo. Entro l’11 gennaio vanno presentati simboli e liste e, a quel punto, i giochi saranno fatti. Appena otto giorni per trovare una soluzione che ad oggi sembra lontanissima.

“Alcune importanti questioni non ci convincono e potrebbero indurci a separare il nostro percorso”, dice Angelino Alfano. “L’alleanza spero si possa fare, ma non è obbligatoria…”, commenta Berlusconi. “Senza un accordo con i signori della Lega – continua il Cavaliere – loro resterebbero un partito piccolo. Cadrebbero, e in un tempo non lungo, sia Piemonte che Veneto e quasi cento amministrazioni comunali. Quindi la Lega si troverebbe fuori dai giochi, diventerebbe un partito ininfluente”. Non esattamente parole che si possono definire concilianti e tantomeno un buon viatico per un accordo.

Ma se il Cavaliere vuole mettere le mani, o quantomeno provarci, sui senatori di Lombardia (49) e Veneto (23) mettendo così con ogni probabilità in grande difficoltà la futuribile maggioranza guidata da Pierluigi Bersani al Senato, deve necessariamente correre con la Lega. La Lega e Maroni sono invece meno “bisognosi” di un accordo. Diventerebbero, forse, come dice Berlusconi un partito ininfluente senza il Pdl, ma di certo la base non muore dalla voglia di riapparentarsi col Cavaliere.

Tre le condizioni poste da Maroni per dire “si”: ritiro della candidatura Albertini in Lombardia, no a Berlusconi candidato premier, il 75% delle tasse in Lombardia. E mentre la prima delle 3 già è caduta, Gabriele Albertini si è smarcato dal Cavaliere, e la seconda potrebbe esser in modo relativamente semplice superata, quella più ostica è paradossalmente la terza.

“Trattenere in Regione il 75% delle tasse è fondamentale per aiutare i giovani a trovare lavoro. Prima le idee, prima il Nord”, ha detto Maroni. Cedendo, il Cavaliere, andrebbe incontro ad una campagna elettorale disastrosa al Sud. Promettere a meno di 2 mesi dal voto più soldi al Nord e quindi meno al Sud non è evidentemente una strategia buona per un partito nazionale che deve prender voti anche lontano da Milano e Torino.

Questo lo scoglio, per ora insormontabile, che separa Berlusconi da Maroni. Uno scoglio che somiglia ad una sorta di secessione fiscale ma uno scoglio che potrebbe anche essere aggirato. Berlusconi potrebbe infatti accontentare il vecchio alleato, ma a patto che questo sia fatto “sottovoce”. Un accordo simile non può certo essere sbandierato alla vigilia del voto. Ma, se fatto dietro le quinte, il Cavaliere potrebbe anche cedere. In fondo l’alleanza serve ora, per le tasse c’è ancora tempo.

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