Gruppi parlamentari: 160mila euro, al giorno! M5s compreso

di Riccardo Galli
Pubblicato il 3 Dicembre 2015 - 13:55 OLTRE 6 MESI FA
Foto d'archivio

Foto d’archivio

ROMA – C’è, ma non si vede. Il famigerato finanziamento pubblico ai partiti politici, abolito in Italia all’incirca tante volte quante la tassa sulla casa, non è scomparso con l’ultima abolizione sottoscritta dal governo Letta, ha solo cambiato pelle e nome. Si chiama oggi finanziamento ai gruppi parlamentari. Apparentemente diverso, tanto da trarre in inganno i 5Stelle che non hanno ritenuto di ‘rimborsare’ questa forma di finanziamento pubblico, sembra a guardare bene esattamente la stessa cosa.

Riporta Wikipedia:

“Riforma Letta ­ È stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale 26 febbraio 2014 (…), prevede l’abolizione del finanziamento pubblico ai partiti. Ecco i punti principali del decreto legge: 1) Abolizione del finanziamento pubblico ai partiti ­Si aboliscono il rimborso delle spese per le consultazioni elettorali e i contributi pubblici erogati per l’attività politica e a titolo di cofinanziamento”.

Era il 2014 e proprio in quei giorni al governo Letta succedeva quello Renzi, che più d’una volta, presumibilmente in veste di segretario Pd più che di premier, rivendicò la bontà e la paternità dell’abolizione. Eppure oggi, ad un anno e mezzo di distanza, con lo stesso governo e lo stesso Parlamento in carica, ogni giorno, domeniche compresi, i gruppi parlamentari percepiscono 160 mila euro. E che differenza c’è tra i gruppi parlamentari e i partiti? Più d’una, in teoria, ma il ‘personale’ è in fondo lo stesso. In un mese, con un po’ di matematica, fanno 4,8 milioni. In un anno 53,3 milioni. Il doppio del vecchio rimborso elettorale ai partiti, che comunque scomparirà nel 2017.

La riforma su citata deve infatti ancora entrare in vigore, ma la matematica dice che il fiume di denaro pubblico destinato alla politica ha già trovato una nuova via per raggiungerlo. E non che il finanziamento pubblico sia necessariamente un male, certo però lo è alimentarlo in modo sempre poco chiaro e trasparente. Racconta Giuseppe Salvaggiulo su La Stampa: “I gruppi parlamentari hanno a disposizione uffici e attrezzature. I contributi si aggiungono ‘esclusivamente per gli scopi istituzionali e per le spese di funzionamento’. Servono per pagare ‘funzioni di studio, editoria, comunicazione, personale’. Opacità di bilanci e assenza di controlli impediscono di valutare se tutte le spese siano effettivamente entro questi limiti. Recentemente i regolamenti parlamentari hanno imposto il deposito dei rendiconti. Openpolis ne ha analizzati ventotto dei dodici gruppi parlamentari principali.

La Camera stanzia 32 milioni l’anno (50 mila euro a deputato), il Senato 21,3 milioni (67 mila euro a senatore). A ogni gruppo è assicurata una somma minima, che cresce in proporzione alla consistenza numerica. Nel 2014 il Pd ha incassato 20,5 milioni; il Movimento 5 Stelle 7,1 milioni; Forza Italia 7,4 milioni e così via. La distribuzione varia ogni anno in base ai cambi di casacca dei parlamentari, particolarmente frequenti in questa legislatura: sono già 328 in meno di tre anni, mentre in tutta la legislatura precedente erano stati 261. È Area Popolare ad averne ricavato il beneficio maggiore: grazie ai 67 parlamentari acquisiti, incassa ogni anno 4 milioni in più. Il Pd, con 23 parlamentari in più, aggiunge 1,3 milioni. Viceversa, Forza Italia paga il più alto prezzo per la diaspora di 83 parlamentari: 5 milioni. Il Movimento 5 Stelle ha perso 35 parlamentari e 2 milioni l’anno. Tutti i gruppi hanno registrato spese inferiori del 16 per cento ai contributi ricevuti. Il M5S ha accantonato il 30 per cento delle risorse, circa 4 milioni. Il Pd 8 milioni, pari al 20%”.

Un mare di denaro più che un fiume dal destino spesso opaco grazie anche all’assenza di controlli. Parte di quell’eredità che i partiti politici sembrano aver destinato ai gruppi parlamentari verso cui hanno dirottato personale, attività di propaganda e comunicazione, rete di consulenti esterni e, appunto, i finanziamenti. Un mare di denaro che, stranamente e a differenza di quanto fatto in altre occasioni ma decisamente meno pubblicizzato, in questo caso non dispiace ai 5Stelle che hanno come tutti incassato senza colpo ferire il rimborso.