Soldi e stipendi a politica e politici “Misteriosi e inaccessibili”. Carta canta

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Foto d’archivio

ROMA – Per vie “misteriose e non accessibili”, così arrivano i soldi alla cattiva politica. E non è questa la considerazione, un po’ qualunquista, rilevata dal classico sondaggio da talk show. Ma è, invece, l’amara conclusione a cui è arrivato il “rapporto Cottarelli”. Quel rapporto steso dagli esperti scelti da Carlo Cottarelli, il commissario incaricato dallo Stato della spending review, la revisione di spesa. Non un commento stanco dell’elettore medio quindi, ma una sorta di resa ad una realtà persino peggiore di quella immaginata.

“Sono sassate – scrive Gian Antonio Stella sul Corriere della Sera -, le parole del rapporto Cottarelli per spiegare i troppi dubbi sui canali attraverso cui i soldi seguitano ad arrivare alla cattiva politica. Sassate che mandano in pezzi la bella vetrina luccicante dove era stata esposta agli italiani l’abolizione del finanziamento pubblico. Ma come: neppure gli esperti scelti dal commissario incaricato dallo Stato di scovare le escrescenze da rimuovere con la spending review han potuto scavare fino in fondo? No. Carlo Cottarelli l’aveva buttata lì nell’intervista a Beppe Severgnini mentre già stava tornando al suo ufficio a Washington: ‘Spesso molti documenti non mi venivano dati. Non per cattiva intenzione, ma perché non facevo parte della struttura’”.

E quali siano i canali che portano i soldi alla cattiva politica, lo racconta lo stesso rapporto dove, senza tener conto di tutte le vere e proprie forme illegali che ogni tanto la magistratura svela, vengono indicati, tra gli altri, i privilegi figli di altre stagioni e accanitamente difesi come le prebende ai giornali di partito; le agevolazioni postali che si traducono “in un credito di Poste Italiane nei confronti del Tesoro per 550 milioni di euro” o l’Iva sulla pubblicità elettorale al 4 per cento, “ovvero la stessa aliquota vigente per i beni di prima necessità”. E ancora: le agevolazioni fiscali più generose concesse a chi regala soldi a questa o quella forza politica invece che ad una onlus o a qualsiasi altra struttura per cui “non appare evidente il motivo per cui ai finanziamenti privati ai partiti debba essere riconosciuto un regime di favore rispetto alle altre associazioni”.

E misteriosi e inaccessibili sono poi anche gli stipendi dei politici. Tanto è vero che nemmeno in questo capitolo di spesa “gli uomini” di Cottarelli sono riusciti a far piena luce. Scrive il gruppo di studio guidato da Massimo Bordignon: “La difficoltà a ricostruire una banca dati affidabile per i costi del personale politico, incontrata anche in questo rapporto, dipende (oltre che dalla presenza della diaria) dalla moltiplicazione delle indennità, che gonfiano le retribuzioni e rendono poco significativa la retribuzione del singolo consigliere per la stima della spesa complessiva”.

E poi, sottolinea ancora Stella, “le norme che sembrano studiate apposta per sollevare fumo. Un esempio? Il comma 3 dell’articolo 5 dell’ultima legge sul finanziamento pubblico dove, in una brodaglia di 342 parole e tecnicismi si spiega che il nome di chi dona fino a centomila euro l’anno a un partito ‘con mezzi di pagamento diversi dal contante che consentano la tracciabilità’ va reso comunque pubblico sul sito web del partito stesso. Ma solo nel caso ‘dei soggetti i quali abbiano prestato il proprio consenso’. Evviva la trasparenza…

La trasparenza… Quello che emerge dal rapporto è quindi la difficoltà, non solo del cittadino medio che non ha idea di come le sue tasse vengano impiegate, ma dello Stato stesso nel conoscere il reale e dettagliato uso dei suoi fondi. Un risultato che per alcuni versi è quanto di peggio ci si potesse aspettare. Se tagliare la spesa può infatti esser doloroso ma fattibile, quasi impossibile appare l’impresa di venire a capo di una spesa che, in realtà, è pressoché inconoscibile.

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