Voyager 1, nello spazio profondo con un messaggio per gli alieni

di Riccardo Galli
Pubblicato il 9 Luglio 2013 - 12:41 OLTRE 6 MESI FA

Voyager 1, nello spazio profondo con un messaggio per gli alieniROMA – Destinazione AC+793888, cioè una stella della nostra galassia. Tempo necessario per raggiungerla: 40 mila anni circa. E’ questo il programma di viaggio della sonda Voyager 1 ora che si sta apprestando a varcare i confini dello spazio interstellare. Cosa ci sarà tra 400 secoli sulla Terra non possiamo che immaginarlo, ma di certo, se pur l’umanità dovesse esistere ancora, la sonda partita nel 1977 non potrà più inviare le sue preziosi informazioni, visto che le pile al plutonio che la alimentano tra appena una quindicina d’anni si esauriranno. Al suo intero però, Voyager, custodisce un messaggio destinato ad intelligenze aliene: un disco placcato oro su cui sono incisi suoni del nostro pianeta, ed immagini. Una sorta di biglietto da visita della nostra specie ancora senza destinatario. Ma, riprendendo le parole di Margherita Hack, qualcuno che lo riceverà ci deve essere.

“Gli extraterrestri? È quasi certo che esistano – sosteneva l’astrofisica recentemente scomparsa -. È assurdo pensare che non ci siano altre forme di vita all’interno della Galassia. O si è credenti e si ritiene che la Terra sia stata creata apposta per l’essere umano, oppure si è atei e ci si affida alla ragione e al calcolo delle probabilità. Perché la Terra dovrebbe ospitare l’unica forma di vita intelligente? Presumibilmente esistono altri esseri anche all’interno della nostra galassia, magari civiltà più evolute o che ci hanno preceduti”.

Già, affidandosi alla logica è praticamente inevitabile ritenere che altre forme di vita intelligente popolino, o abbiano popolato, l’universo. Civiltà almeno per ora irraggiungibili viste le distanze. Per poter entrare in contatto con delle forme di vita aliena dovremmo, come sosteneva anche la Hack, saper viaggiare più veloci della luce. Ma questo, almeno al nostro attuale livello tecnologico, non è possibile.

Inviare dei messaggi, lasciare un segno della nostra esistenza è però possibile e lo era persino con le conoscenze tecnologiche di ben 30 anni fa. La sonda Voyager, partita nel 1977, è infatti ora arrivata al limite estremo del nostro sistema solare e, dopo 35 anni e passa di onorato e prezioso servizio, si appresta, quando le sue pile si esauriranno, a trasformarsi in una sorta di messaggio in bottiglia interstellare.

Voyager, che viaggia a 17 chilometri al secondo, da quando è stata lanciata ha registrato, ed inviato a Terra, preziose informazioni sui pianeti più esterni del nostro sistema solare. Giunta alla fine di questa sua “corsa”, sta ora per raggiungere un luogo mai raggiunto prima e a noi completamente sconosciuto. Così sconosciuto che non siamo nemmeno in grado di stabilire quando lo raggiungerà, quando cioè lascerà il nostro sistema solare per entrare nello spazio profondo. “Potrebbe accadere da un momento all’altro, ma potrebbero volerci ancora molti anni” dice così Edward C. Stone, professore di Fisica al California Institute of Technology di Pasadena e direttore per un decennio (1991-2001) del Jet Propulsion Laboratory della Nasa al Corriere della Sera nel pezzo di Stefano Gattei. Già nel 2004, quando la sonda raggiunse l’eliosheath (o “elio guaina”), una regione in cui il vento solare è particolarmente intenso, compresso e turbolento, a causa della sua interazione con lo spazio interstellare, si pensava di essere arrivati al limite, che fosse l’elioguaina il confine del nostro sistema solare. Ma non era così.

Lo scorso anno Voyager 1 rilevò quello che è apparso essere un confine discreto, che Stone chiama “regione di esaurimento”: una sorta di strato magnetico attraversato da particelle energetiche in viaggio verso lo spazio esterno o da raggi cosmici in arrivo nel nostro sistema solare. Ma neppure questo era il “confine”. La quantità di raggi cosmici evidenziati dai due telescopi ad alta energia della sonda è andata progressivamente diminuendo con gli anni – racconta Gattei -, ma negli ultimi mesi la riduzione è stata particolarmente significativa, e questo è considerato dagli scienziati un primo importante indicatore del fatto che la sonda abbia ormai varcato il confine dello spazio interstellare. Un secondo indicatore è dato poi dalla variazione di intensità delle particelle energetiche incontrate: anche in questo caso, il numero delle rilevazioni è in continua diminuzione, ma non si è avuto un salto netto nei valori, come avverrebbe se Voyager 1 avesse definitivamente abbandonato l’”area di influenza” della nostra stella. Un terzo, cruciale indicatore è dato dal cambiamento nella direzione delle linee del campo magnetico: ci si aspetta che queste subiscano un deciso riorientamento nel momento in cui la sonda entrerà nello spazio profondo. La mancata registrazione di tale riorientamento porta alla prudenza, anche se nessuno sa, con precisione, che cosa avverrà al momento del passaggio. “Siamo in una regione del tutto sconosciuta — osserva Stone —, quindi tutto ciò che osserviamo e misuriamo è diverso ed eccitante”.

Quando finalmente Voyager varcherà i confini del sistema solare, continuerà ad inviare dati a Terra. Almeno sino a che le sue pile glielo consentiranno. Dopodiché inizierà la sua ultima missione, quella di portare una testimonianza della nostra civiltà a qualcuno. E qualcuno, a rigor di logica, prima o poi la riceverà.