Giudici, stipendio come Napolitano ma lordo, pensione: 50 mila fascicoli in tilt

di Salvatore Sfrecola
Pubblicato il 16 Giugno 2014 - 10:41 OLTRE 6 MESI FA
Giudici, stipendio come Napolitano ma lordo, pensione: 50 mila fascicoli in tilt

Giudici, stipendio come Napolitano ma lordo, pensione: 50 mila fascicoli in tilt

Salvatore Sfrecola ha scritto questo articolo per  il blog Un sogno italiano.

Decisamente i magistrati non sono amati, non solo dal grosso pubblico che non tollera, come i politici, il controllo di legalità, ma anche dagli intellettuali. E così Pierluigi Battista, vice direttore del Corriere della Sera, scrive, a pagina 5 del suo giornale, un articolo dal titolo polemico: “Se tagliare gli stipendi anticipare la pensione per i giudici è un “attacco all’indipendenza””. Ma forse l’idea era quella di un pezzo ironico su una questione che è di interesse per tutti i cittadini, l’indipendenza dei giudici.

Secondo Battista i magistrati avrebbero affermato che “con la pensione a 70 anni, la Cassazione chiuderebbe”. E ricorda che analoga polemica l’Associazione Nazionale Magistrati aveva fatto quando il limite di pensionamento fu portato da 70 anni a 75 anni. Richiama, poi, la polemica sul taglio delle retribuzioni, oltre i 240 mila euro, l’appannaggio del Capo dello Stato, individuato come limite al trattamento economico di alti burocrati e magistrati, appunto.

Battista indica la somma ma non fa riferimento a quell’appannaggio per non dover dire che per i pubblici dipendenti i 240 mila euro non sono netti, come sul Colle del Quirinale, ma lordi. Una bella differenza!

Battista critica, richiamando un documento dell’ANM dove si parla del “collegamento che vi è tra lo stipendio dei magistrati e il principio di indipendenza”, che definisce “molto avventuroso”, ritenendo che “l’idea che un magistrato tanto più sia indipendente quanto più guadagni, faccia carriera e vada in pensione non delinea, a occhio e croce, una considerazione molto alta della fibra morale di chi, piuttosto, dovrebbe custodire la sua indipendenza comunque, anche con uno stipendio più magro (neppure di tanto, poi)”.

Spiace che un giornale autorevole ed equilibrato come il Corriere della Sera confonda situazioni e concetti e si presti ad una polemica qualunquistica.

Vediamo un po’. In primo luogo la questione della Cassazione che “chiuderebbe”. Se avesse considerato i numeri, Battista non avrebbe scritto quel che ha scritto. La diminuzione “repentina” (aggettivo da tenere presente, come dirò di qui a poco) dell’età pensionabile da 75 a 70 determinerebbe l’azzeramento dei vertici della Cassazione (Primo Presidente, Procuratore Generale, Presidenti di Sezione) e delle Corti d’appello (Presidenti e Procuratori Generali), oltre ad un certo numero di consiglieri.

È un fatto non contestabile. Certamente grave per l’amministrazione della giustizia, tenuto conto della mole di ricorsi pendenti in Cassazione a causa del nostro sistema giudiziario (30-40 sentenze l’anno per la Corte Suprema USA, ugualmente per le Corti Supreme del Regno Unito e di Francia, oltre 50mila – sì cinquantamila – per la Corte Suprema italiana).

Un siffatto pensionamento sarebbe, dunque, una autentica sciagura. Non l’abbassamento dell’età in sé, ma un abbassamento “repentino” (attenzione ancora all’aggettivo) in presenza di rilevanti carenze di organico che non consentirebbero di riempire rapidamente i buchi che si verrebbero a creare.

Per la Corte dei conti, ad esempio, che, a fronte di un organico di 630 magistrati ne conta in ruolo solo poco più di 400, il pensionamento di una settantina avrebbe conseguenze gravi. Con 26 ministeri, 20 regioni, più di 100 province e più di 8000 comuni è evidente che meno di 400 magistrati non potrebbero tenere sotto controllo quei conti, anche se in ognuno di quegli enti ci fosse un solo autore di illegittimità e di danni erariali.

È adesso il caso di recuperare l’aggettivo “repentino” che qualifica la scelta del pensionamento anticipato rispetto ad una situazione consolidata di proroga che non è automatica ma è ammessa solamente se l’organo di autogoverno delle magistrature rinviene interesse a mantenere quel magistrato in servizio, per capacità professionale ed esperienza, considerati i vuoti di organico.

Pertanto, il grido d’allarme sulle condizioni in cui si sarebbe trovata la Cassazione era corretto considerato che quei buchi di organico non si riempiono facilmente. Occorrono anni per compensare i pensionamenti. Ciò che avrebbe dovuto consigliare il governo a graduare i pensionamenti, pur stabilendo il nuovo limite a 70 anni, considerando i diritti di chi ha ottenuto la proroga e di quanti avevano l’aspettativa di ottenerla.

Non occorre molto, basta fare qualche conto e considerare i tempi del mantenimento in servizio di alcuni e delle assunzioni di altri. Considerato, altresì, che parliamo di funzioni delicatissime che richiedono scienza ed esperienza in un ruolo di immediato impatto sulla popolazione.

Dire “cambio generazionale” è una autentica sciocchezza. I ricambi sono per definizione graduali e continui, non possono essere immediati, in tempo reale, come si vorrebbe far ritenere alla gente.

Infatti il “repentino” cambio di anzianità è stato ritenuto dalla Corte di giustizia dell’Unione europea illegittimo e censurato nei confronti della Repubblica di Ungheria che ha disposto l’abbassamento dell’età pensionabile da 70 a 62. Che è cosa diversa, potrebbe dire qualcuno, che passare da 75 a 70, considerato che i 75 si ottengono per proroga. Ma non può sfuggire che la proroga assentita a seguito di valutazione discrezionale sull’utilità di continuare ad avvalersi del magistrato consolida il limite massimo e lo trasforma, in ragione dell’interesse pubblico che sottende, in un limite legale che è illegittimo abbassare in modo “repentino”, l’aggettivo con il quale la Corte europea ha censurato l’Ungheria e l’ha condannata.

E veniamo al trattamento economico dei magistrati. Un po’, non molto, superiore a quello dei dirigenti statali in qualche modo equiparabili ai magistrati con una determinata anzianità. Un trattamento differenziato giustificato dalla professionalità che si richiede al magistrato che non può avvalersi delle tante opportunità assicurate ai funzionari, in particolare di alcuni Ministeri (in specie dell’economia), con incarichi in amministrazioni ed enti che assicurano rilevanti integrazioni dello stipendio.

Insomma, i magistrati guadagnano mediamente meno degli alti dirigenti statali, per non dire di alcuni regionali, mentre il magistrato al più tiene lezioni all’università, fa il relatore a convegni, scrive libri. Quisquiglie, non altro che quisquiglie.

In queste condizioni è evidente che un trattamento economico dignitoso assicura quella serenità che ad un professionista tenuto al quotidiano aggiornamento su libri e riviste va garantito.

Battista gioca sulla tradizionale incapacità delle associazioni dei magistrati di “vendere” bene il prodotto, si direbbe in termini di pubblicità commerciale. Un “prodotto” che è il servizio giustizia, il più elevato tra quelli che rendono gli stati i quali in primo luogo sono tenuti a garantire il rispetto della legge e la pace sociale.

Un articolo come quello di Battista fa male, fa molto male all’opinione pubblica che viene indirizzata verso un disprezzo per chi indossa la toga e in fin dei conti per la Giustizia.