Scuola, il supplizio dei prof cioè la fantasia in cattedra

Pubblicato il 2 Settembre 2015 - 16:18 OLTRE 6 MESI FA
Scuola, il supplizio dei prof cioè la fantasia in cattedra

Foto d’archivio

E’ la morte della scuola pubblica, così prof precari in lotta e soprattutto sindacati della scuola hanno sintetizzato queste settimane, giorni, ormai ore di estrema agonia della scuola appunto. La morte della scuola pubblica, l’agonia della scuola…ma che sarà successo? Evidentemente stanno licenziando a plotoni, compagnie, reggimenti interi insegnanti e personale scolastico. Evidentemente li buttano fuori, li mandano per strada e chiudono scuole qua e là per l’Italia. Evidentemente…altrimenti perché morte, agonia e fine?

Evidentemente, però mica tanto. Non stanno licenziando nessuno. Ne hanno assunti oggi proprio oggi 38 mila, entro due mesi altri 55 mila. Giurano saranno 160 mila entro il 2016. E’ la più grande, radicale, disperata, angosciosa e angosciata protesta contro il pacchetto più consistente di assunzioni nella scuola italiana.

Lavoratori, soprattutto lavoratrici deportati e deportate in massa. Sì, proprio “deportati” così si sentono e si dichiarano i precari, i prof precari della scuola che vengono assunti e cui viene assegnata una cattedra non nel paese o nella città o nella regione in cui vivono. Deportati, trasferimenti forzati, vagoni piombati, estrema violenza e ingiustizia. Così si narrano e così si sentono: deportati in massa.

In massa ma mica tanto: cambieranno sede di insegnamento (dalla supplenza precaria all’assunzione a tempo indeterminata) in settemila. Più o meno quanti hanno viaggiato lo scorso anno prima della legge sulla deportazione. Viaggeranno, estremo orrore, verso luoghi feroci e inospitali, lande desolate e ostili alla sopravvivenza, in quelle “siberie” che rispondono al nome di Lombardia e Lazio. Figurarsi, dalla Sicilia e dalla Campania dovranno tentare di sopravvivere niente meno che a Brescia o a Roma.

Deportazione, cioè disvellere un essere umano dalla sue radici, dal suo habitat, dai suoi diritti. Ecco più di un prof precario e tutti i suoi sindacati pensano sia un diritto naturale o quasi andare in cattedra nel paese o nella città in cui si vive. Ritengono il lavoro debba prima o poi calare su di loro, sulla loro casa e indirizzo per volontà e concessione governativa. Per molti prof precari il lavoro è la montagna che deve andare da maometto e se maometto fosse andato alla montagna avrebbe a buon diritto potuto dichiararsi deportato, magari dalla fede ma pur sempre deportato.

E’ tale l’ingiuria che il prof precario in attesa di cattedra vicino dove vive soffre e denuncia che alcuni guardano alla “resistenza”. Restare precari in loco, magari con supplenze garantite, e costituire nuovo elenco graduatoria di quelli che in cattedra ci andranno quando mai cattedra si libererà sul territorio natio o comunque noto. Organizzando, ovviamente, ampia e diffusa protesta contro il permanere del precariato.

Non pochi dei prof precari che hanno avuto l’ultima notizia la sfortuna, la disgrazia di essere assunti, la notizia gli è arrivata via mail, adesso raccontano i loro prossimi dieci giorni come un supplizio: devono decidere se accettare, subire il tormento dell’assunzione fuori porta o restare dove stanno, a casa e precari. Sono affranti, disperati, si offrono come vittime sanguinanti ai giornali, alle tv e al web. Sognavano, credevano, pretendevano di essere assunti sì, ma tutti e tutti a casa loro, assunti per legge assumi tutti, senza questa complicazione odiosa dell’essere assunti in cattedra là dove ci sono le classi senza prof.

Non funziona forse così per i lavoratori? Gli operai non restano forse assunti in imprese, aziende e capannoni vicino casa? Mica si spostano gli operai. E forse gli avvocati, gli ingegneri i medici nati a Palermo, Cosenza, Avellino vanno forse a lavorare a Verona, Torino, Pavia, Roma, Milano? Il diritto naturale ad avere il posto di lavoro, anzi l’assunzione nel luogo di residenza o poco fuori, il supplizio dell’essere assunti con il criterio delle classi e della materie scoperte, sfornite di prof: non c’è che dire la fantasia è davvero salita in cattedra. Prof deportati immaginari: mai battaglia sindacale fu più corporativa e fantasiosa al tempo stesso.