Renzi: “No a leggi speciali”. Un leader dopo tanta emergenza

di Warsamé Dini Casali
Pubblicato il 19 Novembre 2015 - 12:09 OLTRE 6 MESI FA
Isis, Renzi: "No a leggi speciali". Segno di leadership vera

Isis, Renzi: “No a leggi speciali”. Segno di leadership vera

ROMA – “No a leggi speciali, non cambio la Costituzione, non chiudiamo Schengen, più soldi alla sicurezza”: pochi concetti chiari, un punto a favore della capacità di Matteo Renzi di mostrare ed esercitare una vera leadership, tanto più di fronte a una minaccia concreta. In tv a Sky tg24, Renzi ha speso parole rassicuranti, esibito un atteggiamento sobrio e depurato di gigionerie e tic da battutista in servizio permanente (a parte una, fra l’altro buona, sul Giubileo che non va cancellato. “Non è che una volta finito il Papa va ad Avignone…”).

Ribadiamo, proprio perché la sfida dell’Isis e la minaccia terroristica appaiono serie e fondate, era importante non scadere negli automatismi troppo cari a una certa tradizione politica italiana (una sindrome anni 70 che non passa mai di moda): il ricorso allo stato d’eccezione, l’emergenza perenne, le leggi speciali. Alibi fin troppo scoperti per chi fallisce nell’applicare le leggi che ci sono, usare le risorse di cui disponiamo. L’angoscia terrorizzante come risposta alle legittime richieste di maggiore sicurezza. Di quelli – Storace per capirci – per cui Renzi avrebbe ceduto al suo inossidabile “fanatismo buonista filo islamico”.

Politicamente, in nome del giusto e non retorico appello all’unità nazionale, Renzi ha offerto una mano tesa al centrodestra perché anche l’Europa ha finalmente capito che va estesa la flessibilità di bilancio alle risorse aggiuntive da destinare a sicurezza e intelligence. Chi, in Forza Italia, oserà dire di no? E, a proposito di sobrietà e “normalità” istituzionale, quanto dista questo segnale dalla polemicuzza tutta italiana (stiamo parlando di Europa, Medioriente, Russia…) tra il ministro Alfano e Salvini?

Il primo, con parole indegne di un ministro (“Salvini sembra dispiaciuto che non sia accaduto in Italia”), ha perso l’occasione per far emergere le divisioni in seno al centrodestra a dispetto dell’unità di facciata esibita alla manifestazione di Bologna, invece di sottolineare la pochezza, a livello europeo, e i limiti di un leader, quello leghista, “senza passaporto internazionale”, cioè senza relazioni, senza conoscenze, senza competenze fuori dal recinto padano. O a qualcuno è sfuggito che a Tel Aviv (non esattamente amici dell’Isis) non ce lo fanno entrare?