L’Irlanda al voto il 25 febbraio, dopo 80 anni la Fianna Fail perderà il governo?

L'attuale presidente irlandese Mary McAleese

LONDRA – Il 25 febbraio l’Irlanda va a votare per dare una risposta alla crisi economica che ha piegato il Paese.  Dopo 80 anni passati quasi sempre al potere, il Fianna Fail si appresta alla sconfitta alle urne, dove i cittadini potrebbero punirlo per la disastrosa situazione attuale. Invece, lo Sinn Fein indipendentista di Gerry Adams si prepara a sfruttare a suo favore il malcontento degli irlandesi nei confronti del piano approntato dalla Ue e dall’Fmi, che li costringerà ad anni di austerity forzata.

I sondaggi danno per favorito il partito di centrodestra Fine Gael, seguito dai laburisti (centro sinistra). Dopo le elezioni, i due partiti con molta probabilità formeranno una governo di coalizione. Ma sebbene la nuova amministrazione cercherà di rinegoziare l’accordo per gli aiuti internazionali, né il Fine Gael né i laburisti si opporranno ai tagli richiesti dall’Ue. Ed è qui che Adams entra in scena. ”Siamo l’unico partito che dice chiaramente che i contribuenti irlandesi non possono permettersi questo prestito”, dice l’ex militante dell’Ira, che dall’Irlanda del Nord ha deciso di scendere in campo nella repubblica, candidandosi nella contea di Louth.

E proprio grazie a questa posizione senza mezzi termini, i consensi dello Sinn Fein, ora gia’ all’11% (contro il 16% del Fianna Fail, il 19% dei laburisti ed il 37% del Fine Gael) potrebbero salire ulteriormente. A favore di Adams gioca anche il suo ‘curriculum’ ed il suo evidente carisma: nonostante le ombre del passato, i giovani che lo incontrano sanno chi è e gli sorridono, pronti a correre a casa e raccontare ad amici e parenti di aver stretto la mano ad una ‘celebrità’. Al contrario, Enda Kenny, leader del Fine Gael, sembra proprio soffrire di un problema di immagine e nei suoi interventi televisivi non riesce a bucare lo schermo. Nonostante il suo partito sia avanti nei sondaggi, in tanti non sono sicuri di volere Kenny come primo ministro. La battaglia si gioca comunque ben oltre il terreno dell’immagine.

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