Le barzellette di Berlusconi: nascono dall’eversione del 1994 e dalla insipienza della sinistra nel 1996

di Marco Benedetto
Pubblicato il 4 Ottobre 2010 - 01:10| Aggiornato il 13 Dicembre 2011 OLTRE 6 MESI FA

Poi ci hanno messo anche del loro, i partiti della sinistra, per dare una mano a Berlusconi e renderlo più simpatico. Lui ha sempre promesso: “Ridurrò le tasse, se no me ne vado”. Non le ha mai ridotte e è sempre tra noi. Gli altri, la sinistra, le hanno  ridotte sul serio, di quattro punti l’aliquota marginale, ma non se ne sono accorti o si sono vergognati e non l’hanno cavalcato.

Anzi, si sono ripresi, hanno teorizzato che “è bello pagare le tasse” e le hanno anche riaumentate. Ha fatto tutto un uomo da solo, Vincenzo Visco. La matrice cattolica che è in noi invoca il martirio e l’espiazione. Nessuno ha mai dubitato che anche Gesù Cristo fosse contro il pagamento delle tasse agli odiati romani e che gli abbiano fatto dire il contrario (“Date a Cesare…”) per tenersi buoni quei ladroni assassini di romani che non avendo molto senso dell’umorismo non andavano troppo per il sottile tra ebrei e cristiani e li ammazzavano tutti senza ritegno.

Con avversari di Berlusconi fatti così, sentiremo barzellette ancora per un bel po’.

Nulla da dire sulle barzellette, se non che non sopporto chi le racconta e se ne incontro uno cambio marciapiede. Un po’ più fastidioso sentir bestemmiare, ma a bestemmie, siamo sinceri, ci si fa il giro d’Italia, ogni regione ha la sua e ne vanno fieri. Solo in dialetto genovese non ci sono bestemmie, perché chi va per mare non può permettersi di scherzare con la divinità.

Le più belle barzellette sugli ebrei le ho sentite nei film di Woody Allen. Ma in America l’identità è definita dalla razza e ogni etnia se ne fa un punto di forza. In Europa il razzismo ha fatto i disastri che sappiamo, scherzare sulle razze dà un po’ i brividi. Lo fanno poi in molti e ne leggiamo tutti i giorni.

È un mostro sempre in agguato e non ci sono solo gli ebrei a eccitarlo, perché ogni fede, ogni nazione, direi ogni regione vanno bene, è il diverso che genera pregiudizio, disprezzo e odio.

Proprio per queste ragioni, quel che è permesso al popolaccio non è permesso a chi lo comanda. Equivale a dire le parolacce davanti ai bambini, ne legittima l’uso. Questa è l’eversione berlusconiana: non la bestemmia in sé, tra virgolette, in una barzelletta detta da uno come Berlusconi che non pare il tipo del bestemmiatore, non la barzelletta in sé sugli ebrei, ne raccontano loro stessi di più crudeli.

L’eversione è nel fatto che a bestemmiare e scherzare sugli ebrei è il capo del Governo italiano, non lo può fare. Cerca consensi? Cerca popolarità? Prendesse esempio da Mussolini, ancora amato da molti in Italia a 65 anni dalla morte: magari a torso nudo, ma per la battaglia del grano o per il salto nel cerchio di fuoco, ma mai una parola fuori luogo, mai una parola che desse scandalo.

Forse, se facciamo bene il rewind della memoria e torniamo a quella primavera-estate del 1994, ci rendiamo conto che lo choc del cambiamento dello scenario politico fu tale che il trauma continua ancora. Ci agitiamo per le sconcezze che escono dalla bocca di Berlusconi, ma scordiamo le immagini eversive su cui nacque questa presunta infelice seconda repubblica: ministri in canottiera, presidentessa della Camera tale Irene Pivetti, oggi è “catwoman”. All’epoca, alcuni importanti personaggi dell’editoria di sinistra erano deliziati dalla freschezza innovativa della futura conduttrice di talk-show televisivi sul sesso.

Berlusconi, portando la Lega e i fascisti nelle istituzioni fece, senza volerlo, per puro calcolo politico, un’operazione storica. Chiuse la seconda guerra mondiale e la ferita di Salò; mise al governo una forza nuova, non legata a tradizione alcuna, nata dalla pancia dell’irrequieto Nord.

Ma compì un gesto eversivo, scardinò le vecchie regole, anche quelle di comportamento. Metà di noi, che l’ha votato, se l’è cercata. Metà di noi, che non ce l’ha mai voluto, non è stata capace di “mandarlo a casa” col voto e quindi, alla fine, se l’è meritata. Se vuole mandarlo a casa, deve fare il rewind, ritrovare i propri errori, e vincere sul terreno della politica, non della morale, perché lì l’immorale vince sempre.