Berlusconi: “Napolitano sa che se cado io si va al voto”

Berlusconi (LaPresse)

ROMA – Berlusconi teme l’incubo speculazione e lo spettro della crisi. Lo scrive oggi 4 settembre un articolo di Carmelo Lopapa su Repubblica.

Rispetto a quanto detto da Napolitano  a Cernobbio, Berlusconi dichiara ad Arcore ai suoi che “Napolitano è stato corretto, ha messo in guardia tutti i complottisti che sono al lavoro contro di me fuori dal Parlamento”. E’ piaciuto meno al premier, scrive Lopapa, il riferimento a quel che accadrebbe in caso di crisi, ai poteri che la Costituzione riconosce al capo dello Stato, dunque al “piano B”, che contempla la possibilità che le Camere non vengano sciolte.

Berlusconi fa sapere che “a Napolitano deve essere chiaro che se cade il mio governo si va al voto. Non ci sono alternative, soprattutto non ci sarà mai un governo tecnico: noi non lo sosterremo mai”. È un lungo fine settimana col fiato sospeso, quello che si sta vivendo in queste ore lungo l’asse Villa San Martino-Palazzo Chigi, in attesa della riapertura delle borse di domattina.

I segnali recapitati da Bruxelles  negli ultimi giorni, gli avvertimenti sulla manovra italiana ballerina, non sono stati rassicuranti – scrive Repubblica – . Tanto meno lo è stata la chiusura di Piazza Affari venerdì scorso. La preoccupazione fa capolino tra dirigenti e ministri, mentre il decreto salva-conti completa l’iter in commissione al Senato e si appresta a passare all’esame dell’aula, da martedì. Il timore che confidano in tanti tra loro è che un eventuale crollo dei mercati domani possa far precipitare titoli e situazione finanziaria.

Nel caso accadesse il tracollo finanziario, spiega Carmelo Lopapa su Repubblica, i sostenitori di Berlusconi inviterebbero “Tremonti a farsi da parte” per così sacrificare all’interno del partito, il ministro inviso ai più. Il premiere però, questa previsione “comoda” preferisce non farla.

Il premier sa bene infatti – scrive il giornalista di Repubblica – che se tutto precipitasse fino a quel punto, anche per lui sarebbe difficile tenere in piedi il governo. Il timone della barca alla deriva rischierebbe a quel punto di sfuggirgli di mano. I due ormai ex inseparabili, il presidente e il professore, si reggono sempre più a vicenda. Tanto più che il capo dello Stato ieri è stato abbastanza nel descrivere il recinto entro il quale intende muoversi in caso di crisi, che è poi quello che gli riconosce la Carta costituzionale. Il governo c’è finché la maggioranza parlamentare regge.

Se questo presupposto dovesse venire meno, allora lo scioglimento delle Camere non sarebbe affatto l’unico approdo specialmente in un momento di attacco speculativo e si potrebbe arrivare allo stesso precedente del 1993, il  governo tecnico alla Ciampi che ha segnato un’altra fase assai turbolenta della Repubblica e che il premier non accetterebbe.

Tutto questo mentre si avvicina un nuovo ciclone giudiziario legato all’arresto di Tarantini e agli interrogatori della fedelissima segretaria Marinella Brambilla.  Come se non bastasse, la doccia gelata fatta scendere in serata da Calderoli sulla prospettiva di una ricandidatura del leader Pdl alla premiership nel 2013 non fa che accrescere le incognite sul futuro della coalizione e su quello personale del premier.

La parola d’ordine dettata da Arcore dunque è portare a casa al più presto la manovra. A tal proposito, per Berlusconi va bene intensificare la lotta all’evasione fiscale, ma niente norma che prevede la pubblicazione delle dichiarazioni dei redditi on line. Racconta Carmelo Lopapa infatti,  che il presidente del Consiglio abbia seguito anche ieri a distanza i lavori in corso in commissione al Senato, intervenendo in prima persona sui suoi sottosegretari per far cancellare la disposizione “da stato Torquemada” che Berlusconi non vuole leggere nemmeno nella bozza del provvedimento.

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