Bnl, il nastro con le intercettazioni Fassino-Consorte sarebbe stato dato a Berlusconi

Il mediatore Fabrizio Favata vuole riscrivere questa storia: accusa la Rcs di Raffaelli di aver violato il segreto istruttorio e di aver regalato il nastro alla famiglia Berlusconi solo per poter vantare, in futuro, un eventuale credito.
piero Fassino

Alla vigilia del natale 2005, l’intercettazione in cui Piero Fassino e Giovanni Consorte discutevano a proposito della scalata alla Bnl, sarebbe stata consegnata da Roberto Raffaelli, manager della Research control system (Rcs), società che gestiva per la procura di Milano le intercettazioni dell’inchiesta, direttamente al presidente del Consiglio Silvio Berlusconi.

Pochi giorni dopo, quel colloquio sarebbe divenuto nient’altro che l’inizio di una campagna mediatica su il Giornale della famiglia del premier contro i vertici dei Ds, accusati di essere stati informati di una notizia finanziaria che doveva restare segreta.

Questa ricostruzione, secondo il quotidiano l’Unità, è stata fatta dal mediatore della vendita, l’imprenditore milanese Fabrizio Favata, alla procura di Milano. Un’ipotesi su cui ora sta lavorando il pubblico ministero Massimo Meroni che, al momento, vede solo due persone finite nel registro degli indagati. Lo stesso Favata per minacce e Raffaelli per violazione di atti coperti da segreto d’ufficio. Intanto per Ghedini la ricostruzione è «priva di fondamento. Le indagini – continua l’avvocato deputato – non potranno che dimostrare la totale estraneità alla pubblicazione del presidente Berlusconi e del dottor Paolo Berlusconi».

Giovanni Consorte

Per il presidente del gruppo del Pd al Senato Anna Finocchiaro invece, «se quanto emerso verrà confermato anche dalle indagini della magistratura, è chiaro che saremmo davanti a una vicenda davvero preoccupante. Un’intercettazione dell’onorevole Fassino, rivelatasi peraltro priva di interesse istruttorio, sarebbe stata oggetto niente meno di un “regalo natalizio” al Presidente del Consiglio, per poi essere pubblicata qualche tempo dopo sul quotidiano Il Giornale, di proprietà della famiglia Berlusconi”».

Sulla stessa linea il parere di Dario Franceschini, ex segretario Pd: «Mi auguro che la magistratura chiarisca al più presto e fino in fondo tutti i risvolti di questa vicenda al fine di restituire, in primo luogo all’opinione pubblica, la completa verità dei fatti che ebbero allora un peso rilevante nelle questioni politiche».

«Sono fiducioso che la magistratura accerterà rigorosamente tutto ciò che è avvenuto, individuando anche eventuali responsabilità. Mi auguro in tempi rapidi» dichiara il diretto interessato Piero Fassino. L’ex leader dei Ds chiede chiarezza sull’ipotesi che l’intercettazione della telefonata con Consorte sia stata offerta a Berlusconi prima della pubblicazione sul Giornale. Se l’ipotesi risultasse vera «risulterebbe chiaro che una conversazione privata e del tutto innocua, come peraltro riconobbero poi i magistrati, è stata strumentalizzata in modo brutale e cinico per un’opera di legittimazione mia personale, dei Ds e del centrosinistra». La vicenda, aggiunge, «è sconcertante. Vi si ritrova l’esatta dinamica avvenuta due anni prima con il caso Telekom Serbia».

Il resoconto del mediatore Favata fissa nel 24 dicembre del 2005 l’incontro tra Raffaelli e l’allora presidente del Consiglio, direttamente a villa San Martino ad Arcore. Secondo il suo ricordo, «di fronte a un albero di Natale bianco», il manager della Rcs avrebbe consegnato un nastro di cruciale importanza politica nelle mani del premier.

Il colloquio tra Consorte e Fassino, rimasto fino ad allora coperto per motivi investigativi, dopo l’incontro di Arcore diventa pubblico. Il 31 dicembre, una settimana dopo il summit, il Giornale titola a tutta pagina: “Fassino a Consorte: Siamo padroni di Bnl?”.

Fino a oggi l’inchiesta penale su quella clamorosa fuga di notizie non ha raggiunto alcun risultato. Il giornalista autore dell’articolo, Gian Luigi Nuzzi, è stato assolto dall’accusa di pubblicazione di atti coperti da segreto, lo scorso 24 novembre dal Tribunale di Milano. Nessuna traccia di chi gli ha aperto gli archivi segreti della procura.

Fabrizio Favata, ora, vuole riscrivere questa storia anche al costo di diventare da accusatore ricettatore. Accusa la Rcs di aver violato il segreto istruttorio e di aver “venduto” il nastro alla famiglia Berlusconi. Favata e Raffaelli avrebbero fatto questo piacere all’allora presidente del Consiglio solo per vantare, in futuro, un eventuale credito.

Se il resoconto di Favata si dimostrasse fondato, sia Silvio Berlusconi che il fratello azionista de il Giornale rischierebbero l’accusa di ricettazione per il nastro sottratto illecitamente dalla cassaforte della procura.

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