Napolitano lamentò “guerriglia” e alla Camera fu parapiglia

Pubblicato il 30 Marzo 2011 - 19:35 OLTRE 6 MESI FA

Ignazio La Russa

ROMA – Erano da poco passate le 11 di mattina quando il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano disse: “La politica è guerriglia, non è un momento semplice per essere presidente in Italia e non è un momento facile per il Paese”. Passano poche ore e la “guerriglia” lamentata da Napolitano va in scena alla Camera, dove si discute sul processo breve. Volano “vaffa…”, fogli, monetine, urla, uscite di scena, neanche si fosse tornati ai tempi degli hooligans, con Ignazio La Russa e Gianfranco Fini in prima linea.

Un po’ di ordine, anche se non è facile visti i tanti insulti e “controinsulti” e poi ancora altri insulti, che ci sono stati proposti dai politici presenti in Aula. La Camera ha dato il via libera alla richiesta della maggioranza di invertire l’ordine del giorno per discutere subito il ddl sul processo breve, che contiene la norma sulla prescrizione breve per gli incensurati. Se approvata in via definitiva la norma avrebbe un effetto quasi immediato sul processo Mills, dove Berlusconi è imputato in primo grado per corruzione in atti giudiziari. La prescrizione del reato dovrebbe intervenire tra gennaio e febbraio del 2012. La norma taglierebbe di circa otto mesi i tempi di prescrizione, per cui il processo potrebbe finire all’inizio dell’estate, sempre che non arrivi prima a sentenza. La discussione è stata in ogni caso rinviata a giovedì.

Per questo motivo i deputati dell’opposizione hanno abbandonato la riunione del Comitato dei Nove della commissione Giustizia per protesta contro la decisione della maggioranza di “strozzare i tempi del dibattito sul testo”. “Loro vogliono strozzare al massimo i tempi del dibattito su questo provvedimento – spiega il capogruppo del Pd in Commissione Giustizia della Camera Donatella Ferranti – perché vogliono votare al massimo entro giovedì il testo. Ma questo è un blitz inaccettabile e noi in Aula daremo battaglia”. Il Pd ha anche indetto un sit in di protesta davanti a Montecitorio alle 18 di mercoledì. Al sit in interverranno i dirigenti del partito, guidati dal segretario Pierluigi Bersani.

A questo punto sale in cattedra il ministro della Difesa La Russa che prima ha accusato l’opposizione di essere “complice dei contestatori qui davanti, anzi ancora più violenta”, poi si è alzato in piedi applaudendo in maniera ostentata l’intervento del capogruppo Pd Dario Franceschini. A quel punto il presidente della Camera, Fini, ha richiamato La Russa che gli avrebbe risposto testualmente “non mi rompere, sto applaudendo”. Al secondo richiamo di Fini, La Russa gli ha risposto. Qualcuno racconto che gli abbia lanciato un solenne “vaffa”, smentito dal ministro La Russa.

Sembra invece che le cose siano andate in questo modo: il capogruppo del Pd Dario Franceschini stava contestando l’operato del ministro della Difesa rispetto alla manifestazione davanti Montecitorio quando La Russa gli ha fatto segno con la mano di stare zitto, avvicinando il dito al naso, e mandandolo platealmente a quel paese. Mentre in Aula si scatena la bagarre, la “guerriglia”, il presidente Fini invita il ministro ad “avere un atteggiamento rispettoso verso l’assemblea”.

La replica non si fa attendere: il ministro gli batte scherzosamente le mani e gil fa il segno di stare zitto. A quel punto Fini chiede rispetto per la presidenza, e La Russa sembra urlargli “ma che fai”. E sembra mandare a quel paese anche lui. Il presidente sospende la seduta, ha un altro scambio di battute con la Russa che, mentre in Aula, dall’opposizione, gli urlano “fascista, fascista”, tira in aria i fogli che ha davanti. Fini esce dall’emiciclo esclamando: “fatelo curare”. A quel punto la seduta viene sospesa, mentre in Aula sono continuati i tumulti con l’esame del testo che slitta a giovedì. La Russa poi ha anche telefonato a Fini per scusarsi dell’accaduto. Il Presidente della Camera ha però ribadito di essere dispiaciuto non per le offese alla propria persona, ma all’istituzione.

“Un ministro della Repubblica che, in un momento così