Cosentino dà le dimissioni ma Berlusconi le rifiuta

Pubblicato il 18 Febbraio 2010 - 16:48 OLTRE 6 MESI FA

Nicola Cosentino

Nicola Cosentino lascia il governo e si dimette da tutti i suoi incarichi. Ma il presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, respinge le dimissioni al mittente.

«Mi sono dimesso – ha spiegato Cosentino nel pomeriggio – perché voglio liberare il campo da ogni strumentalizzazione in vista della campagna elettorale».

In un primo momento Cosentino aveva comunicato ai tre coordinatori nazionali del Pdl Denis Verdini, Ignazio La Russa e Sandro Bondi la decisione di lasciare il solo posto come coordinatore del Pdl in Campania.

Dopo poco ha deciso di lasciare anche l’altro incarico, come sottosegretario al Tesoro. A comunicarlo è stata la sua portavoce, Paola Picilli, sottolineando che per Cosentino si tratta di «dimissioni irrevocabili».

Berlusconi. Ma in serata è arrivata la dichiarazione del premier. «Pur apprezzando le nobili motivazioni che hanno indotto l’onorevole Nicola Cosentino a compiere un gesto volto a far sì che durante la campagna elettorale in Campania non vi possano essere strumentali ragioni di polemica da parte dell’opposizione – dice Berlusconi – nel rinnovargli la mia stima non posso che invitarlo a continuare nel suo lavoro nell’interesse del partito e del Paese, respingendo le sue dimissioni».

Il perché delle dimissioni. Le dimissioni di Cosentino prima ancora che ad una ragione di natura “etica” rispondono ad una logica politica. Cosentino si è sentito sconfessato da Berlusconi che ha dato il via libera all’accordo con l’Udc per la provincia di Caserta. Questo accordo è la chiave per ottenere nelle elezioni regionali campane l’appoggio di Casini al candidato del Pdl Caldoro.

Un’alleanza e una strategia politiche fortemente sostenute e volute da Gianfranco Fini, lo stesso Fini che aveva detto di non poter tollerare la candidatura di Cosentino a governatore. Cosentino, dopo aver verificato, a seguito dell’intesa Fini-Berlusconi che il suo ruolo di coordinatore, cioè di guida del Pdl campano, era così completamente svuotato, ha “irrevocabilmente” sbattuto la porta. Aveva infatti prima perso la candidatura e ora si trovava ad aver perduto ogni reale potere nella formazione del futuro governo campano.

La storia politico-giudiziaria di Cosentino. Le traversìe politico-giudiziarie dell’ex coordinatore del Pdl in Campania Nicola Cosentino sono cominciate il 9 novembre 2009: il sottosegretario all’Economia riceve una misura cautelare per concorso esterno in associazione camorristica. Molti “pentiti” di camorra avevano infatti indicato l’esponente del Pdl, nativo di Casal Di Principe (Caserta), come uno dei punti di riferimento del clan dei Casalesi nel mondo politico. In quei giorni i giornali indicavano Cosentino come candidato del centrodestra per la presidenza della Regione Campania.

Alcuni politici del Pdl cominciano a prendere le distanze da Cosentino: per primo è Italo Bocchino a dirsi «perplesso» sulla sua candidatura. Poi anche Gianfranco Fini ritiene «inopportuno presentarlo» nella corsa alla poltrona di governatore. Fini non solo esprime il proprio parere, ma dice che è d’accordo con lui anche il premier Silvio Berlusconi.

Dopo pochi giorni (è il 12 novembre) Cosentino rivela che il presidente del Consiglio non la pensa proprio così: «Non mi dimetto dalle mie cariche e non rinuncio alla candidatura – dice Cosentino – Me lo ha chiesto lo stesso Berlusconi». Cosentino dichiara anche che potrebbe decidere di rinunciare alle sue cariche solo nel caso in cui Berlusconi glielo richieda esplicitamente.

Sono i “colleghi” deputati a salvare Cosentino dal carcere: il 25 novembre la Giunta della Camera dice “no” alla richiesta di arresto da parte della Procura di Napoli. Il 10 dicembre la Camera al completo ribadisce la propria contrarietà all’arresto: i voti a favore del diniego all’arresto sono 360, quelli contrari 226.

La maggioranza fa quadrato attorno a Cosentino, mentre Casini, che aveva già invocato le dimissioni «per dignità» dalla carica di sottosegretario (28 novembre), torna alla carica: durante la discussione in Aula del 10 dicembre il leader dell’Udc dice che «non si può difendere l’indifendibile». L’intervento di Casini piace così tanto a Gianfranco Fini, che il presidente della Camera invia un biglietto di congratulazioni al leader centrista. Le immagini del biglietto fanno immediatamente il giro del web e creano un “caso” all’interno della maggioranza.

L’11 dicembre anche Berlusconi decide di non andare avanti con la candidatura di Cosentino in Campania: la rinuncia a Cosentino viene confidata dal premier durante un incontro con i giovani del Partito popolare europeo in un albergo di Bruxelles. Dopo alcuni giorni il centrodestra campano ufficializzerà il nome di Stefano Caldoro.

Intanto le vicende giudiziarie vanno avanti e il 29 gennaio la Corte di Cassazione respinge il ricorso, avanzato dai legali di Cosentino, contro l’ordinanza di arresto. Secondo il sostituto Procuratore Generale Vito Monetti, Cosentino si può arrestare. Nonostante la sentenza, il governo confida la propria fiducia a Cosentino: il 29 gennaio il ministro per l’Attuazione del Programma Gianfranco Rotondi afferma che rimarrà sottosegretario perché gode della stima dell’esecutivo.