Caso Marrazzo: i quattro carabinieri attivi dal 2007. Due ex-ministri già ricattati?

Pubblicato il 28 Ottobre 2009 - 10:28 OLTRE 6 MESI FA

marrazzoMarrazzo esce di scena ma molti sono gli interrogativi inquietanti rimasti insoluti. Cala il sipario sulla dolorosa vicenda umana e politica del governatore: le dimissioni sono l’atto finale e definitivo di una carriera tanto luminosa quanto drammaticamente breve. Ma la torbida storia in cui è stato coinvolto è tutt’altro che conclusa.

Marrazzo potrebbe non essere stato l’unico politico di grido finito nella rete dei ricattatori. Non regge l’immagine dei quattro carabinieri finiti in manette, dipinti come ingenui balordi avventizi del ricatto. Dagli ambienti della Procura non filtrano indiscrezioni e ogni allusione a liste di politici eccellenti implicati viene bollata come “immondizia velenosa”. Ma al riserbo degli inquirenti fa da contraltare la ridda di testimonianze dei trans di Via Gradoli e Via Due Ponti, le dichiarazioni rese dagli stessi quattro carabinieri e le confidenze di militari che preferiscono coprirsi dietro l’anonimato.

La banda dei quattro agiva già da tempo: intimidazioni, furti e violenze ai danni dei transessuali di Via Gradoli erano la regola da almeno un paio di anni. Buttavano giù le porte delle alcove, ripulivano i trans di contanti, personal computer e cocaina appena consegnata dai pusher. Prima di quest’estate si erano già lavorati un cliente di riguardo che ha avuto la pessima idea di farsi sorprendere in mutande in uno degli appartamenti incriminati.

I trans intanto parlano. Ai nomi già noti si aggiungono quelli di Sylvia, Thaynna, brasiliani che hanno già deposto in Procura. E le loro dichiarazioni concordano sulle attività del gruppo criminale.  Certo alcuni di loro potrebbero avere dei vantaggi a collaborare con la giustizia per ottenere il permesso di soggiorno – la legge infatti prevede che un clandestino possa essere regolarizzato per motivi di giustizia.

Il gip finora ha ritenuto un “mero espediente difensivo” senza alcuna credibilità la circostanza ammessa dai carabinieri (Testini, Simeoni e Tagliente) secondo cui il video di Marrazzo l’avrebbero ricevuto da tal Gianguarino Cafasso, morto di infarto un mese fa in un albergo della Salaria e indicato come il “pappone” di Via Gradoli. Il racconto dei tre, però, coincide in maniera preoccupante con le testimonianze raccolte sul terreno. E un militare che non vuole rivelare la sua identità ha riferito che il maresciallo Testini, non molto tempo fa, ha dichiarato di aver avuto conoscenza o di aver addirittura potuto metter mano ad altri video con almeno due ex-ministri.

L’impressione è che molto ci sia da scavare e che Marrazzo non sia un caso isolato. Attenzione agli schizzi di fango.