Conte offeso perché non gli avevano dato una direzione di Tg Rai solennemente proclamò: M5S in Rai non lo vedrete più. La muraglia di indignazione non è stata propria granitica, anzi diciamo pure che fin dal primo giorno non ci ha creduto nessuno. Già era precaria e friabile la credibilità diciamo così originaria. Conte che da premier serenamente distribuisce direzioni di Tg in Rai e che inorridisce quando lo fanno gli altri, Conte che reagisce come il bambino stizzoso che mentre gioca al calcio non gli passano la palla e allora prende il pallone e dice: non si gioca più. Peccato che il pallone non sia il suo e che il suo non gioco più sia appunto non credibile.
Conte, M5s e Rai: dai vice alle eccezioni
Non ci credeva davvero nemmeno Conte al suo programmato boicottaggio alla Rai. Poche ore dopo il mai più diceva che i cinque vice potevano, loro sì. I cinque vice di Conte stesso nelle neonate strutture M5S. Pochi giorni dopo il mai più, Conte aggiungeva che ci potevano essere eccezioni al divieto di andare in Rai. Insomma boicottaggio indignato appena cominciato e già finito. Alla resa dei conti una inutile spacconata. Una mossa di teatro che in altri tempi il pubblico in sala avrebbe salutato…non con un applauso ma con altra sonorità.
Conte, specialista dei penultimatum
Ci ha pensato Beppe Grillo, con tenerezza. “Bene, mi fa piacere. Conte uno dei più grandi specialisti in penultimatum…”. Ci ha pensato Grillo un po’ a gentilmente sfottere Giuseppe Conte e soprattutto a darne la dimensione, le proporzioni. Uno di noi, uno come noi, uno dei tanti. Uno che un po’ non si capisce quale sia la sua strategia politica e un po’ non lo capisce neanche lui stesso come fanno gran parte se non tutti i suoi omologhi. Uno che è stato premier un po’ per caso e un po’ per caso è anche oggi a capo di M5S. Uno, l’unico, che è riuscito a presiedere il governo più antieuropeo della storia italiana e poi il governo più europeo della storia italiana. Uno così, normale…
Zingaretti, Bettini, Letta…Il Conte pilastro e caposaldo del campo largo progressista
Quando Zingaretti era segretario del Pd voleva Conte candidato premier del fronte progressista. Zingaretti condivideva l’intuizione con Bettini, Bettini che qualche capricciosa e scherzosa divinità della politica deve aver collocato a mente lucida del Pd. Lo deve aver fatto per divertirsi e per vedere l’effetto che fa. Bene, l’effetto che ha fatto è che il Pd si innamorò di Conte Giuseppe leader e statista e nel suo nome alle elezioni…Nel Pd non mancano afflitti e dolenti ancora del passaggio da Conte a Draghi.
La strategia e l’uomo
La grande strategia del Pd, ereditata e fatta sua da Letta segretario, consiste nel sommare…pere con mele. M5S non vale elettoralmente il 33% del 2018. E neanche il 20% e neanche il 15%. Viaggia poco sopra il 10% e di quel 10% abbondante non è detto ci stiano tutti al momento del voto ad una alleanza elettorale di cosiddetto campo largo progressista.
In nome di una marea di voti ormai ritirata, il Pd di M5S accetta, va detto senza difficoltà ideologiche e culturali, tutte o quasi le manifestazioni e istanze di populismo di sinistra. Come identità riformista il Pd si fa bastare il non essere “renziano”. Ogni strategia ha bisogno di uno stratega (Bettini? Letta?) e di un generale sul campo. Il Pd aveva individuato per il ruolo Giuseppe Conte. Beppe Grillo ha detto di che pasta è fatto il generale Conte.