Il Corriere rompe il tabù: Bossi non è nel pieno delle sue facoltà

Pubblicato il 5 Ottobre 2011 - 15:29| Aggiornato il 6 Ottobre 2011 OLTRE 6 MESI FA

MILANO – “Bossi non appare, anche agli stranieri, nel pieno delle sue facoltà”: con questa frase di un editoriale di Ferruccio de Bortoli il Corriere della Sera rompe un tabù, attaccando frontalmente il leader e fondatore della Lega Nord. Significativo perché il primo quotidiano italiano vende la maggior parte delle sue copie proprio nelle edicole “padane”. Rischia quindi di perdere lettori leghisti. O forse intercetta perplessità che sono già affiorate nella base in camicia verde.

L’editoriale di de Bortoli si intitola “Il sipario strappato” e attacca non solo Umberto Bossi ma tutto il governo Berlusconi, individuati come principali colpevoli della crisi di credibilità sui mercati che sta colpendo l’Italia, a prescindere dai dati dell’economia reale, migliori per esempio di quelli della Spagna, che però viene ritenuta all’estero molto più affidabile di noi. Il direttore del Corriere nel suo invito al premier a rassegnare le dimissioni sembra riprendere la battuta sussurrata all’Ecofin dal ministro dell’Economia Giulio Tremonti (che tanto ha fatto arrabbiare Berlusconi): che la Spagna ha un’immagine migliore perché Zapatero, leader in crisi, ha annunciato nuove elezioni, alle quali lui non si ricandiderà. Così de Bortoli:

Ci avvicinano pericolosamente alla Grecia. Il Paese che lavora, risparmia, produce non merita questo trattamento. Gli hedge fund, i fondi speculativi, non hanno cuore. Sono spietati con chi si mostra debole. Ma noi non lo siamo, potremmo obiettare, abbiamo dopotutto la seconda industria manifatturiera d’Europa. Sì, il debito sfiora i 2.000 miliardi, più o meno il valore del patrimonio pubblico, ma la ricchezza netta privata è quattro volte tanto. Perché i mercati se la prendono con noi e non più, per esempio, con la Spagna, che ha uno spread – la differenza fra rendimenti dei propri titoli di Stato e quelli tedeschi – inferiore al nostro? Eppure la nostra ricchezza pro capite è quasi il triplo di quella iberica. Il debito è il doppio, ma il deficit circa la metà. Perché? La risposta è lapidaria. Non siamo né credibili, né seri. Nessuno più investe in Italia e chi ci presta soldi vuole tassi usurari. La nostra immagine è a pezzi. Chi lavora con l’estero prova una profonda umiliazione, cui si accompagna un sempre crescente moto d’ingiustizia, per come viene trattato il nostro Paese.

[…] Riforme vere, privatizzazioni e liberalizzazioni, rimangono sulla carta. Siamo stati capaci di aumentare le tasse, ma la spesa pubblica (800 miliardi) prosegue la sua corsa. Abbiamo annunciato che avremmo abolito le Province: non era vero. Tagliato i costi della politica: una presa in giro. La nomina più delicata, quella del governatore della Banca d’Italia, è finita mestamente nel tritacarne delle liti di maggioranza. Il premier mostra di occuparsi solo delle sue questioni personali. E, infatti, oggi di che cosa discute la Camera dopo aver votato in diretta televisiva (ci vedono anche all’estero) sulle inchieste Papa, Milanese e Romano? Delle questioni contenute nella lettera della Bce? No, delle intercettazioni. Bossi non appare, anche agli stranieri, nel pieno delle sue facoltà. Non c’è membro del governo o della maggioranza che non affermi in privato che Berlusconi debba lasciare. Su questo giornale abbiamo suggerito al premier di fare come è accaduto in Spagna: annunciare che non si ricandiderà, chiedere le elezioni e non trascinare con sé l’intero centrodestra. Nessuna risposta.