ROMA – In una riunione del gruppo alla Camera dai toni accesi, la Lega ha deciso la linea della liberta’ di coscienza sul voto per l’arresto di Nicola Cosentino. La posizione, anticipata ieri da Umberto Bossi, viene confermata in una riunione molto animata. ”Un minuto dopo l’esito del voto e indipendentemente dal risultato rassegnerero’ le mie dimissioni da coordinatore regionale del Pdl”. Lo ha affermato Nicola Cosentino parlando con i giornalisti alla Camera sul prossimo voto in merito alla richiesta di arresto dell’ex sottosegretario.
Dopo aver votato in giunta a favore dell’arresto di Nicola Cosentino, la Lega lascia adesso liberta’ di coscienza in Aula ai propri deputati. La decisione giunge alla fine di una riunione del gruppo del Carroccio alla Camera, nella quale si sentono urla e qualcuno esce sbattendo la porta. Un confronto animato che conferma la diversita’ di opinione gia’ emersa nei giorni scorsi tra i deputati leghisti, divisi tra chi oggi vuole votare si’ e chi al contrario ritiene che debba decidere di non concedere l’autorizzazione alla carcerazione. Bocche cucite al termine dell’incontro. Umberto Bossi e Roberto Maroni non rispondono alle domande dei giornalisti.
Umberto Bossi ha dato il via: sull’arresto del deputato berlusconiano ha deciso che i parlamentari del Carroccio voteranno secondo coscienza. Prima il pugno duro sul caso di un deputato (secondo le carte della magistratura) in odore di camorra. Un colpo che nelle intenzioni dovrebbe accontentare le richieste della base leghista, spesso amareggiata dalle continue concessioni a Berlusconi sul tema giustizia. Poi, la mossa per accontentare l’ex alleato: la libertà di coscienza potrebbe salvare Cosentino, cosa alla quale il Pdl tiene e parecchio. ”Dalle carte” della magistratura su Nicola Cosentino ”non esce niente, non esce una colpevolezza”. Così ha argomentato il leader Bossi. A una domanda se dunque giovedì lascerà libertà di coscienza sul voto ai deputati della Lega, risponde: ”Penso di sì”. ”Bisogna stare tranquilli quando si tratta di arresto, i magistrati imparino a fare i processi”.