Fiat, da Bersani un sì poco convinto. Ma Enrico Letta fa discutere

Pubblicato il 15 Giugno 2010 - 21:37| Aggiornato il 23 Giugno 2010 OLTRE 6 MESI FA

Pier Luigi Bersani

Dopo essersi morso la lingua per l’intera giornata, nella serata di martedì 15 giugno Pier Luigi Bersani rompe gli indugi e dice la sua sull’accordo su Pomigliano, subito dopo la firma tra Fiat e sindacati. Non nasconde gli “elementi di problematicità” che vede nell’intesa, con il rammarico che “con la buona volontà di tutti”, si sarebbe potuto evitarli.

Nel Partito democratico, sotto attacco dalla sinistra extra parlamentare, non sono mancati i malumori per un’intervista del vicesegretario Enrico Letta, apparso a molti schiacciato sulle posizioni di Cisl e Uil.

Letta aveva attaccato la Fiom che, a suo giudizio, si sarebbe assunta “una grande responsabilità”. Un intervento, mentre le parti stavano ancora trattando, che non è stato apprezzato da molti del Pd, consapevoli in particolare delle difficoltà della Cgil e di Guglielmo Epifani.

Non a caso Bersani per l’intera giornata non ha parlato, sottolineando che così si fa per rispetto delle parti. Un unico auspicio: “credo che l’investimento vada preservato e spero che si imbocchi la strada di soluzioni condivise, anche sui punti delicati”.

Intanto però le parole di Letta hanno suscitato l’indignazione di alcuni esponenti della sinistra, come Franco Giordano (Sel): “Dopo le parole di Letta – ha detto – non è credibile una forza che vagamente possa definirsi di sinistra”.

Dura la controreplica di Francesco Boccia, deputato vicino a Letta: “Chi campa con un vitalizio, come Giordano, non può dire agli operai di Pomigliano ‘non firmate l’accordò”.

Per altro anche altri esponenti come Paolo Ferrero o Oliviero Diliberto hanno respinto sdegnati i termini dell’accordo, schierandosi accanto alla Fiom.

Anche Antonio Di Pietro ha stigmatizzato “un ricatto inaccettabile”, mentre Luigi De Magistris ha definito l’accordo “un regime di schiavitù formalizzato”.

Ma il dramma di dover scegliere tra il lavoro e i diritti è stato vissuto in maniera sofferta da molti esponenti del Pd, a partire da Rosy Bindi, Sergio Cofferati o Cesare Damiano: tutti hanno sottolineato la problematicità della vicenda, diversamente dall’impostazione di Letta.

Alla fine a certificare questa posizione sofferta è stato Bersani che ha ricevuto la notizia dell’accordo siglato proprio mentre stava incontrando il segretario della Cisl Raffaele Bonanni. Questi gli ha spiegato che da oltre 20 anni i tre sindacati confederali siglano accordi “di start up” delle aziende che vanno in deroga per un paio d’anni ai contratti nazionali.

Ma Bersani gli ha espresso la sua convinzione, poi esplicitata ai cronisti: “Continuo a pensare che con la buona volontà da parte di tutti sarebbe stato possibile raggiungere un accordo, sia sull’assenteismo che sulla flessibilità, senza sfiorare delicate questioni giuridiche”.

Insomma “punti problematici” nell’accordo ci sono. Per Bersani, visto che il governo cerca ogni occasione per favorire la rottura della Cgil con la Cisl e la Uil, anche queste ultime due confederazioni devono fare uno sforzo per aiutare la ricomposizione, perché l’onere non può gravare solo su Epifani, a sua volta alle prese con difficoltà interne.

In attesa che i lavoratori di Pomigliano si pronuncino il 22 nel referendum, Bersani ha però messo un paletto: “Adesso bisogna fare in modo, e lo dico in particolare al governo, che questa vicenda eccezionale non prenda il carattere di esemplarità”. Il timore che il combinato disposto tra la volontà di Tremonti contro l’articolo 41 della Costituzione e la linea di Sacconi si traduca in una regressione dei diritti dei lavoratori, è forte in Bersani e nel Pd.