Lo strappo Fini – Berlusconi. I finiani si contano, ci sarà il nuovo Pdl-Italia?

Pubblicato il 16 Aprile 2010 - 10:47 OLTRE 6 MESI FA

Lo strappo, vero o presunto, tra Fini e Berlusconi continua ad aprirsi. Uno strappo tale che lo stesso premier, Berlusconi ha convocato l’ufficio di presidenza del Pdl per ”comunicazioni urgenti”. Il vertice sul “caso Fini” si terrà alle 17, secondo quanto riferiscono fonti del partito.

La convocazione dell’ufficio di presidenza – di cui fanno parte 37 membri tra cui lo stesso Berlusconi e i tre coordinatori Bondi, La Russa e Verdini, ma non ad esempio Gianfranco Fini – conferma, infatti, una costante tensione.

Fini, intanto, si è mostrato oggi maggiormente cauto e positivo: “La convocazione per giovedì 22 della Direzione Nazionale del Pdl allargata ai gruppi parlamentari è una prima risposta positiva ai problemi politici che ho posto ieri al Presidente Berlusconi”, ha detto. “Mi auguro che a partire dalla riunione, cui parteciperò  possa articolarsi una risposta positiva anche nel merito delle questioni sul tappeto, a cominciare dal rapporto tra il Pdl e la Lega”.

La “rottura”. “Creeremo dei gruppi parlamentari autonomi alla Camera”, era stata invece l’ipotesi-minaccia sventolata ieri da Fini dopo il pranzo con il presidente del Consiglio.

Ma si tratta di un’idea possibile, di una tesi sussurrata o di una possibilità concreta? Numeri e sondaggi prospettano scenari più o meno futuribili. I finiani, innanzitutto, hanno già iniziato a contarsi. Immediatamente dopo il vertice si sono riuniti nello studio di Fini, segno che l’intenzione appariva più che mai concreta.

Italo Bocchino, Carmelo Briguglio, Andrea Ronchi, Flavia Perina, Roberto Menia, Giulia Bongiorno, Enzo Raisi, Amedeo Laboccetta, ma anche Adolfo Urso, Pasquale Viespoli, Alessandro Ruben hanno fatto quadrato insieme a molti altri attorno all’ex leader di An.

Potrebbe essere il punto di non ritorno? “Di fronte a risposte negative ai problemi politici posti da Fini sì”, spiega uno dei fedelissimi, Italo Bocchino.

I numeri. La “conta” ha quindi inizio. I numeri minimi per costituire gruppo sono di venti deputati alla Camera e dieci senatori a Palazzo Madama, ma soprattutto ne bastano a Montecitorio meno di 30 per determinare la maggioranza che al momento è di 341 deputati. Secondo i berlusconiani il presidente della Camera non potrà contare che su una trentina di parlamentari”. “Ne avremo almeno 50, ribadiscono i fedelissimi di Fini.

Difficile non definire finiani ‘icto oculi’ esponenti della vecchia Alleanza Nazionale come Donato Lamorte, Francesco Proietti, Angela Napoli, Silvano Moffa, Riccardo Migliori, Mirko Tremaglia, Basilio Catanoso, Giuseppe Scalia, Antonino Lo Presti. O nuovi ‘finiani’ come Gianfranco Paglia o Fabio Granata. Alla Camera già così si supera il numero di venti.

“La situazione è oggettivamente grave”, ha dichiarato proprio Granata in un’intervista a La Stampa, che aggiunge: “Se Fini non trova modo per incidere sulla linea del governo, allora l’unica arma è tornare a un’autonomia in Parlamento”, gruppi che ci lascino le mani libere su alcuni temi per fare da contrappeso alla Lega”. Il deputato del Pdl torna quindi ai numeri: “Se si dovessero costituire questi gruppi si parte da 40-45 deputati e 15-18 senatori”.   Ben oltre la soglia, quindi.

Al Senato, infatti, per costituire un gruppo servono dieci senatori. E come ‘finiani’ possono essere reclutati Pasquale Viespoli, Filippo Berselli, Luigi Ramponi, Pierfrancesco Gamba, Laura Allegrini, Antonino Caruso, Giuseppe Valentino, Mario Baldassarri, Domenico Gramazio, Domenico Benedetti Valentini, Vincenzo Nespoli. Anche al Senato la soglia dei dieci è superata.

Se si dà credito a queste intenzioni, tali gruppi si chiamerebbero Pdl-Italia e resterebbero nella maggioranza di governo. Si nega ormai da entrambe le parti che il premier Berlusconi abbia chiesto a Fini di dimettersi in questo caso da Presidente della Camera, anche se secondo molti analisti politici sarebbe la verità.

Le ragioni. Quali sono allora le origini di questa rottura o presunta tale? Cosa chiede Fini al premier? Negli ultimi tempi Fini ha lamentato più volte di essere trattato più come “avversario” che come “alleato”, chiedendo che il Pdl non si “appiattisca” sulla Lega. Uno stop alla Lega dunque per Fini è l’elemento prioritario, da accompagnare a un ruolo chiave sulle riforme.  E non solo. Fini si batterebbe anche per un azzeramento delle cariche di partito, almeno quelle di An, una sorta di “epurazione” che porterebbe solo gente da lui indicata a rappresentarlo ai vertici del Pd: persone come Italo Bocchino, vicecapogruppo alla Camera.  Fuori invece molti altri: La Russa, Gasparri, Alemanno, Matteoli, solo per citarne alcuni. E proprio Matteoli, Ministro dei Trasporti, ha fatto sapere ieri di non avere “alcuna intenzione di partecipare a una scissione”. «Non farò una scissione – ha dichiarato – non aderirò ad altri gruppi. Sto bene nel Pdl, ho contribuito a farlo e non sono pentito. Non ho preoccupazioni ».

Il sondaggio. Una cosa è certa: la rottura Fini – Berlusconi, vera o presunta, era nell’aria da tempo. Tanto che il Cavaliere aveva commissionato di recente alla sua sondaggista di fiducia di Euromedia Research un’indagine sul consenso dell’ex leader di An presso gli elettori di centrodestra. Alla domanda: “voterebbe un partito guidato da Fini e senza Berlusconi” le risposte positive sarebbero state solo il 3,5 per cento. Ma è solo un’ipotesi. Forse.