Fini va subito al “lodo” della questione: “La legge è uguale per tutti. Nessuna deroga per i politici”

Pubblicato il 24 Settembre 2010 - 14:42 OLTRE 6 MESI FA

Gianfranco Fini

“Giustizia uguale per tutti. Non si può derogare al principio dell’eguaglianza dei cittadini davanti alla legge solo perché si appartiene al ceto politico”: è chiaro il messaggio lanciato dal presidente della Camera Gianfranco Fini alla tavola rotonda di Piacenza.

Nessun riferimento diretto alla vicenda di Montecarlo, ma un messaggio implicito al premier. Resta nel bago sul Lodo Alfano: “C’è una discussione franca in corso. Vediamo cosa sarà presentato. Le carte sono sul tavolo”.

Prende persino le difese del premier Silvio Berlusconi: “Il presidente del Consiglio ha il diritto e il dovere di governare, quello che non può essere fatto è che per qualcuno si facciano interventi che penalizzino altri. Tutelare la funzione del premier non è negativo, come interventi volti a garantire non l’annullamento, ma la sospensione dei processi”.

Lo scontro sui dossier. Dopo le dichiarazioni fatte ieri sera ad Annozero, il finiano Italo Bocchino ha riacceso più che mai il conflitto sull’appartamento di Montecarlo che, un tempo parte del patrimonio immobiliare di An, è finita a Giancarlo Tulliani, fratello della compagna di Gianfranco Fini.

Dopo aver puntato il dito contro presunti servizi segreti deviati, Bocchino ha specificato: “Non abbiamo alcun dubbio sui vertici dei servizi, che sono straordinari, e sull’istituzione. Però c’è sempre stato qualche pezzetto deviato che fa il doppio lavoro. Qui qualcuno ci ha messo la manina. Abbiamo individuato qualche percorso”.

Il documento è “una patacca”, ha detto Bocchino ai microfoni di Sky Tg24, ribandendo le accuse contro Lavitola: “Abbiamo notizie certe su quello che è accaduto, quando sarà fatta chiarezza completa emergerà che se c’è un leader politico che fa un’operazione tutta politica, anche di dissenso, può accadere che venga sottoposto al linciaggio”.

Immediata la replica dell’avvocato del premier, Niccolò Ghedini, che parla di “accuse diffamatorie nei confronti di Berlusconi”. “Questa falsa accusa sembra rivolta per sostituire il merito di una vicenda che rimane comunque tutta da verificare. E’ stato folle e risibile ipotizzare che il premier potesse aver dato mandato a chicchessia per creare un documento ufficiale falso”. Per il legale, Lavitola avrebbe svolto unicamente il suo “legittimo diritto di inchiesta e di cronaca”.

Subito indifesa di Berlusconi si è schierato anche il capogruppo del Pdl alla Camera Fabrizio Cicchitto: “è avvenuta un’indegna operazione di depistaggio, fatta per di più attraverso una trasmissione della tv di Stato, che ha raccontato una serie di menzogne senza possibilità di contraddittorio”. Si tratta di un’indegna montatura per far dimenticare i problemi che derivano da una vicenda che, purtroppo, Fini non ha chiarito e che si sta complicando”.

La lettera di Saint Lucia. Mistero anche sulla lettera del governo dell’isola Saint Lucia nelle Antille, che dimostrerebbe che la società offshore proprietaria dell’immobile farebbe capo proprio allo stesso Tulliani: “è vera e per nuovi chiarimenti bisogna aspettare lunedì”, ha dichiarato il ministro della Giustizia dell’isoal caraibica, Lorenzo Rudolph Francis, contattato dal quotidiano Il Fatto.

Per il leader dell’Udc, Pierferdinando Casini non si può escludere “che ci siano ambienti deviati e persone che nell’ombra tramano con qualcosa di poco chiaro. Ma non la struttura istituzionale dei servizi che credo debbano godere della nostra fiducia”.

Il leader dell’Italia dei Valori Antonio Di Pietro ritiene che sia Berlusconi sia Fini, “ricattatore e ricattato”, devono “andare a casa al più presto”. “La patacca sta nell’uso del dossieraggio per fermare il lavoro dell’avversario politico. Si tratta di un’estorsione che sta facendo Berlusconi nei confronti del presidente della Camera, un ricatto nei confronti di Fini il quale non è più in grado di rimanere terzo in questa situazione”.

Nel frattempo oggi al Giornale, il quotidiano che ha promosso la campagna contro il presidente della Camera sulla casa di Montecarlo, il direttore Vittorio Feltri ha cambiato mansione: da direttore responsabile a direttoere editoriale, sostituito da Alessandro Sallusti, prima condirettore.

Motivo del cambio, scrive Repubblica, sarebbe stato il rischio sanzioni per Feltri, magari una lunga sospensione da parte del Consiglio nazionale dei giornalisti sul caso Boffo, che potrebbe pronunciarsi a breve. A fine marzo, l’Ordine della Lombardia aveva inflitto sei mesi di sospensione a Feltri, sanzione poi sospesa in attesa della pronunica dell’organismo nazionale.