Franco Marini, scheletri nell’armadio: casa ai Parioli e accusa per concussione

ROMA  – Franco Marini, 14 stanze ai Parioli e nell’armadio lo scheletro di un’accusa per concussione. Ma fu salvato in corner dalla Camera, che negò l’autorizzazione a procedere. A rovistare nelle vecchie cronache giudiziarie sul candidato numero uno alla carica di Capo dello Stato, sono Libero e il Fatto Quotidiano. Entrambi riportano le accuse rivolte all’allora ministro del lavoro pro tempore Marini, in merito alla complessa vicenda Sme, il comparto agro alimentare dell’Iri.

Correva l’anno 1995 e Marini, classe 1933, ex segretario della Cisl, nonché uomo vicinissimo a Comunione e Liberazione, finiva nel mirino del sostituto procuratore di Roma, Pietro Giordano che lo accusava di concussione. Il suo fascicolo fu trasmesso al Tribunale dei ministri, che poi chiese alla Camera l’autorizzazione al procedere, che però la negò. Il documento dei giudici accusava il deputato e ministro del Lavoro di aver concesso una serie di prepensionamenti ai dipendenti del gruppo di Stato Sme in cambio dell’acquisto da parte dell’azienda di spazi pubblicitari sulla rivista di area cattolica, Il Sabato, diretta da Paolo Liguori. Nello specifico la richiesta riporta di un interrogatorio del presidente Sme, Giancarlo Elia Valori, e precisa che il contributo alla stampa viene confermato anche dall’amministratore delegato del gruppo.

Ma Marini di fronte al Tribunale dei ministri ha sempre negato di aver discusso con Valori, ribaltandone le ricostruzioni. Riporta il Fatto:

Il collegio per i reati ministeriali ritiene che la richiesta per procedere contro Marini “merita l’accoglimento”. La Camera negò la richiesta e, di conseguenza, la posizione di Marini fu archiviata. Lui proseguì la sua carriera fino a presiedere il Senato e ad acquistare dall’Impdai una casa nel quartiere Parioli, in via Lima 34, al costo di un milione di euro.

Sulla casa, invece, si sofferma più a lungo il quotidiano Libero. Il caso fu sollevato da un’inchiesta dell’Espresso nel 2007. L’allora presidente del Senato fu accusato di aver comprato ad un milione di euro (prezzo ritenuto basso) una casa su due livelli ai Parioli, assegnata alla moglie dall’ente Inpdai. L’Espresso faceva sapere che la casa aveva un costo reale di 1,7 milioni di euro. Il Fatto esagera le stime fino a “3 milioni almeno”. Marini si difese con una lunga lettera al settimanale l’Espresso e invitando i cronisti in casa per mostrare che in realtà si trattava di un piano rialzato e un seminterrato, tutt’altro che di “pregio”. Mario Giordano, sul quotidiano Libero, torna alla carica:

Marini risulta proprietario insieme alla moglie Luisa D’Orazi di un grande loft romano, 14,5 vani e mezzo (circa 300 metri quadrati) al pianoterra e seminterrato in via Lima 34, ai Parioli. secondo «l’Espresso», lo avrebbe pagato meno di un milione di euro, per l’esattezza 999.996 euro. Non è poco, certo, ma neppure molto, considerata la dimensione e la zona particolarmente di pregio: secondo la stima Cerved, infatti, quell’appartamento vale più del doppio (esattamente 2.047.864 euro). Eppure, Franco Marini non è contento. «Un milione di euro per un piano rialzato e uno scantinato vi sembrano pochi?» minimizza parlando con «Repubblica». «Adesso c’è il parquet, ma prima la casa dovevate vederla…». La scala diventa «stretta e buia», il loft naturalmente è pieno di umidità («Mia moglie si lamenta…»), il secondo bagno si trasforma in un «bagnetto di servizio», lavanderia, cucina spaziosa (con montavivande) e ricca cantina passano in secondo piano. Tanto che Marini si spinge ancora più in là nella lagna: pagata poco? Macché: troppo. «Avrei voluto un ulteriore sconto» dichiara. 

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