La Lega spiazza gli alleati: “Il motore delle riforme siamo noi”

Pubblicato il 8 Aprile 2010 - 14:10 OLTRE 6 MESI FA

La Lega è sicura sulle riforme. Come dice Roberto Maroni: «Il Carroccio è il vero motore». In agenda, spiega Maroni, “ci sono le riforme istituzionale e costituzionali: il federalismo, il nuovo assetto dei poteri, il Senato federale, la giustizia. Si è messo in moto un meccanismo e io sono assolutamente ottimista, sono certo che ce la faremo”.

Maroni mette le mani avanti e stoppa le tentazioni di ampi settori del Pdl a voler fare da soli. «Il dialogo è indispensabile se vogliamo evitare le conseguenze negative delle riforme tentate e mai approvate. In particolare il Pd è un interlocutore indispensabile. I primi segnali che arrivano sono positivi in questa direzione».

A dare man forte al ministro dell’Interno ci pensa il collega Roberto Calderoli: «Nessuna smania di protagonismo. È stato Napolitano a chiamarmi, voleva avere chiarimenti». Con queste parole Calderoli prova a contrastare l’irritazione di Silvio Berlusconi per la sua salita al Quirinale di ieri. Un faccia a faccia con Napolitano cui il ministro leghista per la Semplificazione ha consegnato la bozza per le riforme istituzionali che ha in mente il centrodestra. La visita, però, non è piaciuta a Berlusconi che, ai suoi, non ha nascosto il fastidio per l’iniziativa del ministro: «È stato un errore, con Napolitano tratto solo io».

Intervistato su Canale 5 da Maurizio Belpietro, Calderoli entra nel merito delle riforme in programma. «Nella nostra proposta il presidente della Repubblica non ha un ruolo di governo: indica il primo ministro ma poi è il primo ministro a tenere e coordinare l’esecutivo. È un bilanciamento molto più forte a vantaggio del Parlamento, rispetto al modello francese. Lo scioglimento e l’indizione sono tutte ancora in capo alla presidenza della Repubblica, non al capo del governo».

Nel testo illustrato a Napolitano, Calderoli ha previsto anche “la riduzione del numero dei parlamentari, che diventerebbero quattrocento alla Camera e duecento al Senato”. Non mancano neppure misura punitive per i parlamentari assenteisti. La bozza prevede infatti una parametrazione tra quello che un parlamentare guadagna e ciò che effettivamente “produce”.

«È una contrazione – spiega Calderoli- tra quello che prendono e quello che effettivamente fanno. Perché è giusto parametrare l’indennità a chi va sempre in Commissione e in Aula rispetto a chi invece si vede solo al momento del voto. Se non lavorano, si entra in detrazione».