Liste: Polverini e Formigoni all’angolo, ma non è ancora ko elettorale

Pubblicato il 3 Marzo 2010 - 16:20| Aggiornato il 21 Ottobre 2010 OLTRE 6 MESI FA

 

Il ministro della Difesa Ignazio La Russa

 

I magistrati sfogliano per tutto il giorno il “carciofo” dei ricorsi. A sera “l’estratto” delle sentenze delle Corti d’Appello sarà amarissimo per il centro destra: restano escluse dalla competizione elettorale la lista Formigoni in Lombardia e quella del Pdl a Roma e Provincia. Va aggiunto un “per ora” perché la battaglia legale non è finita, ora si passa ai Tar, Tribunali Amministrativi Regionali.  A metà pomeriggio del giorno -25 a quello del voto fissato al 28 marzo la situazione provvisoria era: lista civica Polverini ammessa nel Lazio dopo essere stata esclusa, ma ammessa “con riserva” perché su tre nomi la documentazione risultava incompleta. Insomma la lista civica che appoggia la Polverini passerà, la “riserva” sarà sciolta in senso favorevole. Incerta era invece ancora la sorte della lista “grande” pro Polverini, cioè la lista del Pdl a Roma e Provincia. Per il “listino” Polverini, la lista allegata dei 14 nomi eletti consiglieri in caso di vittoria della candidata, ci vorranno forse un paio di giorni per sapere se passa o non passa. Dalla Lombardia promettevano per l’ora dei telegiornali una sentenza sulla sorte della lista Formigoni. Arrivava prima, all’ora del tè: non ammessa per decisione della Corte d’Appello. Anche qui “tempi supplementari” al Tar.  Fin qui il lavoro dei magistrati e la cronaca del “ricorso minuto per minuto”.

Sugli spalti il “tifo” politico diventava nervoso, molto nervoso mentre assisteva allo svolgersi della partita. Ignazio La Russa, dimenticando di essere ministro della Repubblica e della Difesa, si lasciava sfuggire una dichiarazione di stampo ultras: “Se non ci danno ragione siamo pronti a tutto”. Cosa possa essere quel “tutto” non lo spiegava, per fortuna sua e del suo schieramento. Più pacate e ragionevoli erano gli argomenti messi in campo da Formigoni e dai suoi avvocati, riassumibili nella frase: “Un timbro tondo non conta” e comunque non può essere la “sostanza” di una faccenda di voti ed elezioni. Vero fino a un certo punto. Nelle stesse ore al Senato andava in scena la dimostrazione palese di come il “timbro tondo” sia sostanza e non forma. Al Senato si dimetteva da senatore Nicola Di Girolamo. Dimissioni accolte, perfino con discutibile applauso. Seguiva faticosa discussione sull’opportunità e le conseguenze delle dimissioni. Esempio: a Di Girolamo succederà Fanetti? A Fanetti, primo dei non eletti, manca il “timbro tondo” della residenza all’estero. Solo con quel “timbro” si può essere senatori delle circoscrizioni elettorali per gli italiani all’estero. Ma Fanetti è un dipendente pubblico  residente in Italia. Burocrazia, inutile e cavillosa burocrazia? Per nulla. Torniamo a Di Girolamo: per farsi mettere in lista e farsi eleggere a suo tempo si fece “timbrare” una falsa residenza in Belgio. Se quel “timbro” falso non fosse stato apposto, se si fosse rispettata la regola “burocratica”, il Senato non avrebbe avuto un suo membro costretto alle dimissioni. L’elezione di Di Girolamo era burocraticamente, cioè sostanzialmente non legittima e molto male fece il Senato a non farlo decadere quando l’irregolarità fu scoperta. Avessero allora votato per la sua decadenza, non si sarebbero trovati con un senatore indagato e presto arrestato per collusioni con la ndrangheta. Ma allora la maggioranza, animata da Gasparri, non volle dare importanza alla regolarità del “timbro”.

I “timbri” non sono solo burocrazia, sono regole. Regole di salvaguardia. Alcune obsolete e inadeguate come la obbligatoria raccolta delle firme per presentare una lista. Altre, come la residenza o il limite temporale per presentare le liste, sono presidi di legge. Ad esempio la lista Pdl a Roma e in Provincia. Se ci sono stati “impedimenti”, quel che la legge chiama “condizioni ostative” a presentare in tempo la lista, allora i magistrati le verificheranno e giustamente riammetteranno la lista. Ma se queste “condizioni ostative” sono state il disprezzo per la norma o il tentativo di aggirarla, allora è giusto tener fuori quella lista. Più che “pronti a tutto” basterebbe essere pronti a rispettare la legge e l’onesta verifica delle circostanze reali. Non sembra che a questo siano pronti in molti.

Ed ora, dopo il pronunciamento delle Corti d’Appello? Queste hanno verificato l’irregolarità nella presentazione delle liste. E hanno “timbrato” l’irregolarità acclarata. Ad altra domanda dovranno rispondere i Tar e cioè se l’irregolarità sia per forma e sostanza tale da sopravanzare il diritto sostanziale alla rappresentanza politica in campagna elettorale. Un pronostico fondato sulla diversa tipologia delle irregolarità porta a dire che la lista Formigoni sarà riammessa, in quanto carente di documentazione. Più difficile riammettere la lista Pdl nel Lazio: qui l’irregolarità del non rispetto dei tempi, qualora “condonata” finirebbe per ledere i diritti delle liste concorrenti.