Matteo Renzi molla il governo e si prende il partito

Pubblicato il 24 Aprile 2013 - 09:24| Aggiornato il 12 Febbraio 2023 OLTRE 6 MESI FA

ROMA – Matteo Renzi molla il governo e si prende il partito. Il sindaco di Firenze ha persino incontrato il suo “rivale” per la presidenza del Consiglio Giuliano Amato ieri sera al Vittoriano, dopo la direzione Pd: ma, a quel punto, i giochi per il governo sembrano escludere Renzi dalla corsa (“E’ Berlusconi che ha posto il veto sul mio nome”). Si rifà, il sindaco, con la sensazione, per la prima volta, di avere in mano il partito che sta cercando di ricompattarsi sulla sua figura.

Il Dottor Sottile (al Vittoriano curava una mostra su Machiavelli) è in vantaggio anche su Enrico Letta, anche perché il Pd chiamato a offrire un contegno almeno “normale” dopo l’harakiri del week end scorso, resta ancora diviso sul grado di partecipazione al governissimo (entrano i big o vanno preservati dalla “contaminazione” Pdl?).   Nel colloquio in taxi con Aldo Cazzullo del Corriere della Sera, Renzi ragiona su chi può averne impedito la nomina:

“Io non sono in corsa. Ma non è stato Bersani a mettere il veto sul mio nome. Lui non ha avuto alcuna obiezione su Letta come su di me. Né tantomeno Napolitano. La mia impressione è che, se c’è un veto, sia di Berlusconi. Berlusconi ha avuto paura. Paura di andare a votare subito. Ma io non ho fretta. Magari si vota tra sei mesi. Magari il governo decolla e va avanti due anni, anche tre. Posso aspettare. Il vero dato della giornata per me è un altro. Ed è stata una giornata davvero inconsueta”.

Inconsueta perché è dal partito, dal Pd in fiamme che ha ricevuto segnali incoraggianti e trasversali. Può essere lui l’estintore che prepari una nuova stagione e seppellisca questa fase post-elettorale. Il retroscena su Repubblica di Goffredo De Marchis coglie questa novità, Renzi si prende il partito.

“Ho parlato con Letta, Franceschini, Orfini, con i veltroniani. C’era il sostegno pieno a un mio governo. Alla fine, il vero no è arrivato da Berlusconi. Ma anche questo è un ottimo segno per il futuro”.

Il segnale di una saldatura più generazionale che programmatica: è infatti la corrente a sinistra dei “Giovani Turchi” che abbraccia il moderato Renzi, consegnandogli di fatto una leadership per contrastare l’immobilismo della “vecchia guardia”, dei Bindi, Marini, Finocchiaro…. Non sarà però una passeggiata quella di Renzi: anche sulla strategia di approccio ci sono posizioni discordanti. La segreteria potrebbe essere una trappola, significa per alcuni consegnarsi alle manovre “alla Fioroni”. Altri, come Matteo Orfini dice esplicitamente che bisogna muoversi, battere un colpo, spezzare l’inerzia. raccoglie le sue riflessioni De Marchis:

“Nella direzione abbiamo sostanzialmente deciso che il Pd non esiste. Si affida a Napolitano e rinuncia a qualsiasi ruolo per il Paese. È la linea del Pasok, il partito socialista greco. Che ha fatto un danno a sé e alla Grecia. Le condizioni non maturavano. Ma è come se avessi fatto un disegnino. Rinnovamento, innovazione. Parlavo di Renzi, ovvio. Renzi, da questa vicenda, ne esce bene lo stesso. Ha dimostrato senso di responsabilità e di essere l’unico in grado di rappresentare il 90 per cento di noi”