Regioni, controlli e verifiche sulle spese pazze. Riforma già “insabbiata”?

Pubblicato il 25 Novembre 2012 - 08:53 OLTRE 6 MESI FA
Regioni, controlli e verifiche sulle spese pazze. Riforma già “insabbiata”?

ROMA – Porre limiti agli atti sui quali i magistrati contabili potrebbero esercitare le verifiche quanto alla possibilità di impiego della Guardia di finanza. Innalzamento della soglia dei 15 mila abitanti al di sopra della quale scattano per le amministrazioni comunali controlli semestrali supplementari rispetto a quelli ordinari. Tetto minimo di 66 anni d’età e 10 di mandato. Al Senato sta trovando molti ostacoli il decreto legge per introdurre sulle spese regionali controlli ben più rigorosi di quelli finora previsti dalle norme, varato dal governo di Mario Monti sull’onda degli scandali che hanno travolto la Regione Lazio.

I particolar modo il tetto minimi di 66 anni di età e dei 10 ani di mandato è stato reso di fatto inapplicabile con una modifica apparentemente insignificante. Una fetta consistente degli onorevoli è infatti transitata nelle assemblee delle Regioni prima di arrivare alle Camere. I tempi stringono e difficilmente il decreto sulle Regioni vedrà presto la luce. La Camera, in ogni caso, ha già provveduto a privare la Corte dei conti del potere di verifica preventiva di legittimità sulle decisioni regionali. Di fatto, una specie di diritto di veto sugli atti che i magistrati contabili ritenessero incompatibili con i principi di una corretta gestione delle Regioni.

La motivazione la scrive Sergio Rizzo per il Corriere della Sera:

Semplificare le procedure dei controlli evitando al tempo stesso di sollevare gli amministratori dalle loro responsabilità, ma senza intaccare la sostanza del decreto. È certo però che la cosa non è affatto piaciuta al presidente della Corte Luigi Giampaolino, convinto che una modifica del genere possa pregiudicare seriamente il potere di intervento della sua magistratura. Da qui la preoccupazione che il Senato si accinga adesso a fare altre e ancor più radicali amputazioni.

La partita è decisamente molto complessa. Perché da una parte ci sono le resistenze delle Regioni che fanno breccia in Parlamento. Mentre dall’altra l’ampliamento della sfera d’azione dei giudici contabili (il decreto affida alle loro cure, per dirne una, anche i bilanci dei gruppi politici nei consigli regionali) genera preoccupazioni di diverso tenore. Alla Camera Giampaolino ha assicurato che la Corte dei conti è nelle condizioni di far fronte ai «nuovi compiti che le sono stati attribuiti con il personale attualmente in servizio». L’associazione dei magistrati della Corte ha però spedito il 31 ottobre scorso ai presidenti della commissioni Affari costituzionali e Bilancio della Camera, rispettivamente Donato Bruno e Giancarlo Giorgetti, una lettera di due pagine per denunciare pesanti carenze di organico. Chiedendo, fra le righe, di allargare per i giudici contabili le maglie del blocco del turnover dei dipendenti pubblici.

C’è scritto che dei 613 posti teoricamente previsti ne sono coperti appena 444. E se si considerano gli 11 magistrati fuori ruolo perché impegnati in altri incarichi istituzionali (uno di loro, Paolo Peluffo, è sottosegretario alla presidenza del Consiglio) il numero scende a 433. Di questi, poi, ben 52 sono «in regime di trattenimento in servizio» avendo già superato 70 anni, limite d’età per la pensione. Senza di loro, il personale sarebbe ridotto al 62 per cento della cosiddetta «pianta organica» dei 613. Le sezioni regionali di controllo, sottolinea la lettera del sindacato, «non possono usufruire delle prestazioni di più di 120 magistrati». Con situazioni di notevole sofferenza.