Scajola, barra al centro “per liberare Berlusconi”

di Franco Manzitti
Pubblicato il 14 Marzo 2011 - 03:45| Aggiornato il 15 Marzo 2011 OLTRE 6 MESI FA

Per sei mesi dalla collina della città ligure l’ex pupillo di Taviani aveva seguito da lontano il cataclisma politico intorno a Berlusconi. “E pensare che è incominciato tutto dalla mia vicenda, da quando è venuta fuori la storia della mia casa di via Fatugale e dei 900 mila euro che erano stati pagati a mia insaputa”, ricorda Scajola, elencando i capitoli di quella che secondo lui per la Pdl è stata una via crucis, sfociata nel disagio di oggi, gli attacchi a Bondi, il caso Brancher, lo scandalo Rubacuori, il bunga bunga e tutto il resto, lo strappo di Fini e la resa dei conti parlamentare…

Ma prima di tutto c’era da difendere se stesso dalla accusa di essersi fatto pagare la casa e in cambio di cosa.

E dalla macchia di essere oramai stato bollato come il ministro “a sua insaputa”, che gli comprano una sventola di casa e gliela pagano con 80 assegni da 12 mila euro e lui dice in tv urbi et orbi che non lo sapeva. “Quegli assegni non li ho mai visti, racconta l’ex ministro, e mi sono trasformato in un investigatore per scoprire cosa c’era dietro quella trappola che mi avevano teso. Ho passato l’estate a indagare, ho pagato perfino 10 mila euro una perizia sul valore di quella casa di 180 metri quadrati e sono arrivato alla conclusione che mi hanno fregato o che mi hanno usato per riciclare quei 900 mila euro”, spiega ora. Ma chi lo voleva fregare e come mai ora, passato lo scandalo “a sua insaputa”, è ripartito all’attacco e sfida lo stesso Berlusconi?

Ma con me ci sono quelli che a Berlusconi vogliono bene, minimizza Scajola, dopo il duro faccia a faccia di Arcore. Ci sono i veri lealisti. Io non sono quello che rompe i partiti, io Forza Italia l’ho costruita davvero. E non sono uno che fa le iniziative contro, meno che mai contro Berlusconi. Sono aperto a trovare soluzioni.”

E’ la seconda volta che Scajola e il suo talent scout azzurro Berlusconi, che lo scoprì sulla Riviera ligure nel lontano 1996, si trovano uno davanti all’altro a muso duro negli ultimi tempi. La prima è stata quando è esploso lo scandalo di via Fatugale e Scajola stava dimettendosi. “Potevi dire che non ti ricordavi bene, che ti eri sbagliato, non che non sapevi nulla di quegli assegni, gli aveva urlato Berlusconi. E Scajola di rimando: “Io quegli assegni non li ho mai visti e non so mentire come te.”

Poi Scajola si era dimesso “perchè non sopportavo il massacro mediatico per una vicenda che mi vedeva vittima”, spiega dopo essersi stupito molto del fatto che quel gesto, dimettersi da ministro dello Sviluppo economico, non avesse suscitato nessuna reazione di solidarietà in un paese dove nessuno molla mai niente. Figurarsi uno che non era neppure indagato.

La seconda volta il confronto con il Capo ha un filo conduttore molto più politico, che Scajola rinforza con la sua richiesta personale. “C’è troppo disagio nel partito, incalza, l’amalgama con An non è riuscito, lo strappo di Fini è un fatto troppo rilevante. Non si capisce più niente delle quote di An e di quelle di Forza Italia in questo nuovo partito. Nel popolo azzurro c’è un grande sconcerto. Mica possiamo farci cannibalizzare da quelli di An che hanno una intelaiatura di partito storica e ancora in piedi…”