Con il crollo del Muro di Berlino anche altre divisioni e problemi

di Licinio Germini
Pubblicato il 9 Novembre 2009 - 14:22 OLTRE 6 MESI FA

muro di berlinoLa caduta del muro di Berlino e i successivi eventi del 1989 hanno prodotto straordinari cambiamenti in Europa, che e’ adesso libera ed unita, i quali vengono ricordati e festeggiati in tutto il continente, come con la grande festa franco-tedesca di lunedì sera in Place de la Concorde. Ma, rileva il New York Times in una lunga analisi, il 1989 ha anche creato nuove divisioni e aggressivi nazionalismi, che azzoppano l’Unione Europea e creano difficoltà tra Est e Ovest, Francia e Germania, Europa e Russia.

Una parte dell’intensità di queste divisioni è evidente nelle polemiche, sia in Europa che negli Stati Uniti, riguardo a chi ha il merito dei fatti del 1989. Ci si accapiglia nel discutere se la caduta del muro sia stata provocata dall’inflessibile anticomunismo del presidente Ronald Reagan, o dal suo contrario, la strategia soft dei ”guanti bianchi” dell’Europa verso l’Est.

Poi, mentre molti in Occidente intravvedevano la ruota della storia girare inevitabilmente verso il tracollo dell’URSS, determinando l’ascesa della democrazia e la sconfitta di seri rivali della potenza americana, la Cina anticipò la propria rivoluzione nel 1989 catapultandosi verso il successo economico attraverso un capitalismo autoritario che ora i leader russi stanno attentamente studiando.

”I cinesi hanno finito col costruire un capitalismo leninista, che nessuno di noi poteva immaginare nel 1989, che è ora il maggior antagonista ideologico della democrazia liberale occidentale”, osserva Timothy Garton Ash, uno storico del 1989 nel suo libro ”The Magic Lantern” (La Lanterna Magica).

E’ in effetti un omaggio al 1989, scrive il Nyt, come alla Rivoluzione Francese 200 anni prima, che il suo significato sia così ardentemente disputato. Gruppi diversi in Paesi diversi considerano l’anniversario da punti di vista diversi, a secondo delle loro ideologie.

Secondo lo storico James Goldgeier, della George Washington University, la questione di a chi va il merito del 1989 è tuttora aperta. Per molti negli Stati Uniti esso va a Reagan, come concorda anche Robert Kagan, storico al Carnegie Endowment di Washington. Ma in Europa, dice Goldgeier, la pensano diversamente. ”Se il 90 per cento degli americani crede che il 1989 sia accaduto per la fermezza di Washington nei confronti del comunismo, il 99 per cento degli europei è convinto che il muro cadde grazie alla Ostpolitik ed alla televisione della Germania Occidentale”.

Indipendentemente dai disaccordi, nota tuttavia Ronald Asmus, vice-segretario di stato per l’Europa nell’amministrazione di Bill Clinton e direttore del German Marshall Fund, ”quel che è accaduto è assolutamente stupefacente”. Aggiunge: ”Se qualcuno nel 1989 mi avesse detto che avremmo avuto tutti questi paesi dell’est nella Nato e nell’Unione Europea non ci avrei mai creduto”. Non tutti i problemi sono risolti completamente, ma sono controllati e contenuti, e abbiamo migliori possibilità di risolverli”.

La Russia, pur restando una sfida per gli Stati Uniti e l’Europa, è molto meno pericolosa, rileva Sergei Karaganov, capo del Consiglio per la politica estera e difensiva a Mosca. Aggiunge però: ”Gli Stati Uniti si considerano i vincitori della guerra fredda, ma la Russia non si considera sconfitta. Come la Gran Bretagna, non siamo mai stati sconfitti, e siamo sempre pronti a combattere”.

Uno dei risultati del 1989, dicono molti europei, è stata la fine di un mondo bipolare, ma dopo un breve regno ventennale sta finendo anche ”l’unipolarità” dell’America. E secondo Hubert Védrine, ministro degli esteri francese per il presidente Francois Mitterrand, il 1989 ha prodotto un’arrroganza occidentale che si sta sgonfiando solo ora per via delle guerre in Iraq e in Afghanistan e del radicalismo islamico.

Dominique Moisi, dell’Istituto Francese per le Relazioni Internazionali, prevede una corsa al potere di svariati Paesi e gruppi di Paesi – Europa, China, Russia, India, Brasile e Stati Uniti. ”L’America è in fase di relativo declino e in questo mondo transitorio nulla può essere fatto senza l’America, ma l’America non può far nulla da sola”.

Agli occhi di molti europei dell’ovest, gli avvenimenti del 1989 hanno allargato ma anche diluito l’Unione Europea. Dalla caduta del muro, l’Unione ha cercato di approfondire e consolidare l’alleanza, ma non sempre riuscendoci. E per quanto riguarda gli europei dell’est, essi hanno sofferto le conseguenze del 1989 con il brutale cambiamento dal socialismo al capitalismo, si sentono ingannati e traditi e sono pronti a credere a teorie di cospirazioni tra i grandi ai loro danni.

Secondo esperti citati dal Nyt, le divisioni tra Europa Occidentale e Orientale restano. La speranza era che il 1989 potesse essere una nuova fondazione per il progetto europeo, ma non è successo. L’ ”Europa Orientale” continua ad esistere nella memoria collettiva, e gli europei non se ne sono ancora sbarazzati.