Dazi, la Cina risponde agli Usa: 60 miliardi di contro-tasse Dazi, la Cina risponde agli Usa: 60 miliardi di contro-tasse

Dazi, la Cina risponde agli Usa: 60 miliardi di contro-tasse

Dazi, la Cina risponde agli Usa: 60 miliardi di contro-tasse
Dazi, la Cina risponde agli Usa: 60 miliardi di contro-tasse (Foto Ansa)

PECHINO – Continua la guerra commerciale tra Pechino e Washington. L’ira del presidente cinese Xi Jinping per gli ultimi dazi dell’omologo americano Donald Trump che hanno colpito il Made in China per altri 200 miliardi di dollari non si è fatta attendere. Pechino stavolta si è appellata al Wto, l’Organizzazione mondiale del commercio, e, come ampiamente annunciato, ha fatto scattare puntuale la rappresaglia: contro-dazi per 60 miliardi di dollari di prodotti importati dagli Usa (oltre 5.200 tra componenti industriali, prodotti chimici e strumentazioni mediche) che saranno tassati dal 5 al 10%.

Entrambe le decisioni dei due Paesi entreranno in vigore il 24 settembre, ed a questo punto, salvo clamorosi sviluppi, appare improbabile che il 27 e 28 settembre cinesi e americani tornino a sedersi attorno allo stesso tavolo per tentare di far ripartire il dialogo.

Un compito che era stato affidato al segretario al Tesoro Usa, Steve Mnuchin, e al vicepresidente cinese, Liu-He, ma che potrebbe essere vanificato dai nervi tesissimi delle ultime ore. Con la denuncia di Pechino all’Organizzazione mondiale del commercio e Trump che arriva ad accusare le autorità cinesi di voler sfruttare la guerra commerciale per influenzare le prossime elezioni, quelle di novembre, in cui gli americani sono chiamati a rinnovare gran parte del Congresso.

Più dazi significa aumento dei prezzi alla vigilia della stagione degli acquisti negli Stati Uniti, e questo non porta popolarità. Ma lo scenario peggiore è quello legato alla possibile risposta della Casa Bianca, che ha già minacciato di colpire altri 267 miliardi di prodotti cinesi, di fatto tassando le intere esportazioni di Pechino negli Usa pari a oltre 500 miliardi, mentre il dipartimento di giustizia americano ha ordinato di registrarsi come agenti stranieri a due colossi mediatici cinesi, la Xinhua News Agency e la China Global Television Network, come successe lo scorso anno a due media russi, Rt e Sputnik.

“Con i dazi abbiamo appena cominciato”, ha ammonito Trump, scagliandosi inoltre contro il Canada (“non può continuare a caricare dazi del 300% sui prodotti caseari Usa”) e la Unione europea (“anche la Ue ci spenna”).

A questo punto la Cina, che ha un surplus commerciale di oltre 370 miliardi di dollari nei confronti degli Usa, non potrebbe più ricorrere alla leva dei dazi, e potrebbe quindi passare a quella che qualcuno ha definito “l’opzione nucleare”: rivalersi sul debito pubblico americano, con oltre 1.200 miliardi di dollari che Washington deve restituire a Pechino. Una zavorra che secondo alcuni calcoli potrebbe superare i 2 mila miliardi giù nel 2020.

Sarebbe questa, secondo molti analisti, la vera arma in mano al governo cinese, che inoltre potrebbe anche decidere di fare pressioni sulle multinazionali americane presenti in Cina o su quelle che sperano di sfondare sull’enorme mercato cinese.

Del resto le autorità di Pechino già da tempo hanno lanciato un chiaro monito: ci sono molti modi per colpire gli Stati Uniti, dalla riduzione dell’esposizione della Cina sul debito americano, appunto, alla svalutazione dello yuan, al rafforzamento delle ispezioni doganali, passando per forme di boicottaggio e all’azione per ostacolare fusioni e acquisizioni che coinvolgano aziende Usa. Un invito al dialogo e alla moderazione arriva dall’Europa, preoccupata per l’impatto delle tensioni su economia e mercati. Anche se questi ultimi nelle ultime ore hanno tenuto, evitando per ora di lasciarsi prendere dal panico.

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