Raffael Correa è libero. Dopo dodici ore in cui è stato bloccato in un ospedale da poliziotti ribelli, il presidente dell’Ecuador è stato messo in salvo dal blitz di questa notte e riportato nel palazzo presidenziale a Quito.
Nella sparatoria tra militari e poliziotti leali a Correa e un gruppo di agenti della ‘policia’, due agenti sono rimasti uccisi e altre 37 persone sono state ferite.
”La rivoluzione dei cittadini non la ferma nessuno, ‘hasta la victoria siempre’. Qui da noi non finirà come in Honduras”, ha detto Correa durante la notte nel discorso fatto ai suoi sostenitori, subito dopo essere stato liberato, precisando che quello di ieri, 30 settembre, è stato il ”giorno più duro del mio governo”.
All’irruzione nell’ospedale che ha permesso di mettere in salvo il presidente hanno preso parte circa 500 militari del ‘gruppo operazioni speciali’ di Quito, hanno precisato fonti del governo.
Nel gruppo che lo ha tenuto sotto sequestro, “non tutti erano poliziotti, c’erano infiltrati di partiti politici”, ha aggiunto nel suo discorso Correa, mentre fin dalle prime ore di quello che lo stesso presidente dell’Ecuador aveva definito ”un tentativo di golpe” più fonti avevano parlato di ‘moventi’ politici che hanno spinto l’azione dei poliziotti sollevati.
Con queste parole, il presidente ha voluto accusare alcuni dei suoi avversari politici di aver diffuso tra i membri dei servizi dati falsi su una legge approvata dal Parlamento e riferita alle condizioni economiche e altri provvedimenti riguardanti la polizia.
Di fatto, il governo del socialista Correa è rimasto ieri in bilico per buona parte della giornata, mentre il presidente rimaneva rinchiuso in ospedale. Molti dei sostenitori che attendevano Correa di fronte al palazzo presidenziale hanno puntato il dito soprattutto contro il principale avversario politico del capo dello Stato, l’ex presidente ed ex colonnello Lucio Guitierrez.
”Non ci sarà perdono e non dimenticheremo”, ha sottolineato Correa, poco prima chiedere ai suoi sostenitori un minuto di silenzio per le vittime della rivolta. Il presidente ha poi dichiarato che non intende revocare la ‘Ley de servicios publicos’, che secondo la polizia riduceva i salari della polizia, fatto smentito dal presidente.
La rivolta dei poliziotti ha subito innescato un’ondata di condanne nel mondo, dall’Ue agli Usa, oltre ai Paesi latinoamericani. In nottata, si è aperta a Buenos Aires una riunione d’emergenza dell’Unione delle nazioni sudamericane, alla presenza di diversi leader della regione.