Inchiesta G8, la legge e le garanzie per i cardinali

Crescenzio Sepe

La Curia di una città non è area extraterritoriale, mentre i cardinali godono di alcune “guarentigie”, cioè esenzioni (dal servizio militare e “da ogni prestazione personale”) e alcuni diritti particolari, come la “libertà di comunicazione” con il Vaticano. Sono questi alcuni punti centrali sulla figura dei cardinali, presi in esame dai pubblici ministeri di Perugia, che nell’ambito dell’inchiesta sui Grandi eventi, hanno inviato un avviso di garanzia per corruzione al cardinale Crescenzio Sepe, ex prefetto di Propaganda Fide ed ora arcivescovo di Napoli.

Le “garanzie” delle quali godono i cardinali derivano, si ricorda in ambienti ecclesiastici, dai rapporti tra Italia e Santa Sede. Essi sono regolati dal Trattato del Laterano (11 febbraio 1929) e dal contemporaneo Concordato (l’accordo per la revisione di quest’ultimo è del 18 febbraio 1984), ai quali la Costituzione italiana (art. 7) rinvia per i rapporti tra Stato e Chiesa.

Secondo tali accordi ci sono alcuni edifici (impropriamente detti extraterritoriali) che, afferma il Trattato all’art.15, “godranno delle immunità riconosciute dal diritto internazionale alle sedi degli agenti diplomatici di Stati esteri”, cioé alle ambasciate. Tali edifici, si sottolinea, sono alcune basiliche, sedi di università pontificie o di uffici e alcuni santuari. Non si fa menzione di palazzi delle curie e simili. Per gli edifici aperti al culto (chiese, ecc.) ci sono varie norme per garantirne la libertà ed in particolare l’art. 5 dell’Accordo del 1984: “salvo i casi di urgente necessità, la forza pubblica non potrà entrare, nell’esercizio delle sue funzioni, negli edifici aperti al culto senza averne dato previo avviso all’autorità ecclesiastica”.

Per quanto riguarda i cardinali, ricordano ancora fonti ecclesiastiche, di essi il Trattato si occupa all’art. 21 – “tutti i cardinali godono in Italia degli onori dovuti ai Principi del sangue …” – nel quale (oltre che all’art. 12) si stabilisce anche il libero transito in Italia di cardinali e vescovi di tutto il mondo che si rechino in Vaticano. L’art. 10 afferma poi che “i dignitari della Chiesa” (e quindi certamente i cardinali) “saranno sempre e in ogni caso rispetto all’Italia esenti dal servizio militare, dalla giuria e da ogni prestazione di carattere personale”.

L’ Accordo del 1984 all’art.2, punto 2, tutela la “libertà di comunicazione tra Santa Sede e vescovi” e, nel protocollo addizionale, al numero 2b stabilisce che: “la Repubblica italiana assicura che l’ autorità giudiziaria darà comunicazione all’ autorità ecclesiastica competente del territorio dei procedimenti penali promossi a carico di ecclesiastici”. A queste “guarentigie” si aggiungono, se un cardinale ha passaporto diplomatico – ed è il caso del cardinale Sepe – quelle della Convenzione di Vienna per la quale, ad esempio (salvo esplicita rinuncia dell’interessato al “privilegio”) né lui personalmente né la sua abitazione e il suo ufficio possono essere sottoposti a misure di giurisdizione e i suoi documenti non possono essere sequestrati.

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