Rapporto Goldstone, i colleghi del giudice accusano: “La sua ritrattazione solo per pressioni politiche”

ROMA – Tre membi della commissione d’inchiesta delle Nazioni Unite sulla missione israeliana Piombo Fuso a Gaza del 2008-2009 hanno preso le distanze dal giudice sudafricano Richard Goldstone, da cui il rapporto prende il nome,  accusandolo di aver misitificato i fatti per instillare dubbi sulla credibilità del loro operato.

In un colloquio con il Guardian i tre esperti di diritto internazionale hanno criticato duramente il cambio di opinione di Goldstone espresso in un articolo di fondo pubblicato sul Washington Post questo mese.

In quell’articolo il giudice sudafricano aveva fatto marcia indietro su alcuni aspetti del rapporto che porta il suo nome, soprattutto riguardo all’ipotesi che Israele avesse messo in conto la possibilità di commettere crimini di guerra.

In quell’articolo Goldstone aveva lodato Israele per le indagini sul comportamento delle proprie forze armate a Gaza (”indicano che civili palestinesi non furono intenzionalmente presi di mira, come regola generale”), mentre aveva denunciato la totale mancanza di volontà di fare altrettanto da parte di Hamas, la fazione palestinese islamico-radicale che controlla la Striscia di Gaza.

“Oggi noi sappiamo molte cose in più su quello che è successo nella guerra di Gaza del 2008-2009 di quanto ne sapevamo quando ho presieduto la Commissione di inchiesta nominata dal Consiglio per i Diritti Umani che ha prodotto quello che è a conosciuto come il Rapporto Goldstone. Se avessi saputo allora ciò che so adesso, il Rapporto Goldstone sarebbe un documento diverso”.

Nel fondo sul Washington Post, Goldstone aveva lamentato l’assenza di cooperazione da parte di Israele durante le sue indagini, ma aveva anche ammesso che il mandato della Commissione era in partenza sfavorevole allo Stato ebraico.

I tre membri della commissione (l’avvocato dei diritti umani pakistano Hina Jilani, il professore di diritto internazionale alla London School of Economics Christine Chinkin e l’ex mediatore irlandese Desmond Travers) avevano finora mantenuto il riserbo sulle osservazioni di Godlstone.

Ma la loro risposta di adesso è netta. Benché non menzionino il nome del loro collega, i tre hanno attaccato gran parte dei contenuti del suo articolo, e hanno insinuato che egli sia stato piegato dalle pressioni politiche.

Jilani, Chinkin e Travers hanno detto di non poter lasciare che “vengano gettate calunnie sulle conclusioni del rapporto”, e hanno sottolineato che quelle “calunnie” hanno “mistificato i fatti allo scopo di delegittimare le conclusioni del rapporto e instillare dubbi sulla sua credibilità”.

I tre esperti ritengono che “gli inviti a riconsiderare o addirittura a ritrattare il rapporto ignorano il diritto delle vittime, palestinesi e israeliane, alla verità e alla giustizia”. Jilani, Chinkin e Travers puntano il dito contro “gli attacchi personali e la straordinaria pressione esercitata sui membri della commissione d’inchiesta”, e dicono: “Se avessimo ceduto alle pressioni che ci chiedevano di ritoccare le nostre conclusioni avremmo commesso una vera ingiustizia  nei confronti delle centinaia di civili innocenti uccisi durante il conflitto di Gaza, alle migliaia di feriti, alle centinaia di migliaia di persone la cui vita è tutt’ora colpita dal conflitto e dall’embargo”

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