Libia. Scatta l’operazione Tripoli. Consiglio di guerra a Parigi

Pubblicato il 18 Marzo 2011 - 21:22| Aggiornato il 19 Marzo 2011 OLTRE 6 MESI FA

ROMA – Quella che fino a poche ore fa era una minaccia potrebbe, con molta probabilità diventare realtà. L’approvazione della risoluzione Onu 1973 secondo la bozza presentata da Francia, Gran Bretagna e Libano, lascia le mani libere alla comunità occidentale. Il vertice di Parigi vedrà la presenza non solo delle potenze dell’Unione Europea, ma anche dell’Unione Africana e della Lega Araba, oltre al segretari0 generale dell’Onu Ban Ki-moon.

Con l’istituzione della no-fly zone sui cieli del paese africano, se dovesse venir meno il cessate il fuoco di Muammar Gheddafi scatterebbe l’intervento della comunità internazionale. Il problema, come sottolineato anche dall’Italia per bocca del ministro degli Esteri Franco Frattini, è che il cessate il fuoco in realtà non sembrerebbe mai essere entrato in vigore. Un “bluff”, come hanno detto i ribelli libici.

Così si fa più probabile l’ipotesi di un attacco. Con i dovuti distinguo.

Il francese Nicolas Sarkozy e il britannico David Cameron non hanno dubbi sull’opportunità di un intervento, anche se sottolineano che non dev’essere unicamente dell’Alleanza atlantica, e contano sulla disponibilità di Norvegia, Olanda, Danimarca, Qatar ed Emirati Arabi Uniti. Non così la pensano però Germania, Italia e gli stessi Stati Uniti.

La cancelliera Angela Merkel si è astenuta dalla votazione all’Onu. Ha poi precisato che ”l’astensione non va confusa con la neutralità”. Ma alla fine un paese che da sempre si è battuto per il rispetto dei diritti umani, si è schierata con nazioni come la Russia e la Cina che si sono astenute insieme all’India e al Brasile. Probabile il peso delle prossime elezioni nei land. Ma resta il fatto che sulla Libia quello di Berlino è un no di fatto.

Gli Stati Uniti, a parole assolutamente contrari a quelle che lo stesso presidente Barack Obama non ha esitato a definire “brutale violenza di Gheddafi nei confronti del suo stesso popolo”, non sarebbero però disposti a concedere le loro truppe.

“Fatemi essere chiaro, ha detto Obama, il cambiamento in Libia, e nella regione, non può né deve essere imposto dagli Stati Uniti, o da altre potenze straniere, ma deve venire dalle aspirazioni dei popoli”. Che è un po’ come dire tutto e niente.

Discorso simile per l’Italia.  Il nostro paese contribuirà innanzitutto mettendo a disposizione le proprie basi Tra le diverse opzioni le più probabili riguardano Sigonella, in Sicilia vicino Catania, dove si trovano una base della Marina Usa e il 41esimo Stormo Antisommergibili, e Trapani Birgi, sede del 37esimo stormo. In Puglia c’è poi la base di Gioia del Colle, in provincia di Bari, che ospita il 36esimo stormo. Quanto all’eventuale impiego di aerei dell’Aviazione italiana, si potrebbe trattare dei caccia F-16 e degli Eurofighter. Possibile anche il ricorso agli Harrier Av8.

Sull’intervento italiano pesa però la minaccia lanciata dal governo libico prima che venisse ordinato il cessate il fuoco. “Speriamo che l’Italia si tenga fuori da questa iniziativa, aveva detto il vice-ministro degli esteri libico Khaled Kaaim. Speriamo che non consenta l’utilizzo delle sue basi e si tenga fuori da questa iniziativa decisa dall’Onu”.

E su tutti, la minaccia del rais: “Se le potenze occidentali ci attaccheranno, ci sarà l’inferno”.

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