Siria, al via le elezioni legislative: boicottaggio degli oppositori

Pubblicato il 7 Maggio 2012 - 09:16 OLTRE 6 MESI FA

BEIRUT – Circa 15 milioni di siriani sono chiamati oggi a esprimere il loro voto per il rinnovo del parlamento nelle prime elezioni "dell'era del multipartitismo". Le consultazioni sono però boicottate da tutte le opposizioni in patria e all'estero che accusano il regime di Damasco di aver organizzato "l'ennesima farsa".

I seggi sono aperti da stamani alle 7 (le 6 in Italia) fino alle 22 all'ombra di un fitto apparato di sicurezza. Le operazioni di spoglio dei voti cominceranno subito dopo la chiusura dei seggi e i risultati preliminari sono attesi già nella notte.

I 7.195 candidati, di cui il 10 per cento donne, si sfidano per ottenere i 250 seggi dell'Assemblea del Popolo, dominata da mezzo secolo e fino a febbraio scorso dal Baath, il partito arabo socialista, guidato dall'attuale presidente Bashar al Assad, da dodici anni al potere dopo averlo ereditato dal padre Hafez, rimasto in carica per 30 anni.

Nonostante la fine formale del monopolio del partito Baath, la maggioranza dei seggi (127 su 250) rimane di fatto assegnata d'ufficio a candidati "operai" e "contadini" di liste vicine al regime. La minoranza dei seggi (123) è invece assegnata agli "indipendenti".

Rispetto al passato in cui gli unici partiti legali erano quelli del Fronte nazionale progressista, piattaforma di partiti satelliti del Baath, la nuova legge sui partiti – "pietra miliare delle riforme di Assad", secondo i media ufficiali – ha dato la possibilità a ben nove nuove formazioni di presentare candidati. Restano sempre esclusi i partiti di ispirazione religiosa, etnica, tribale.

Le opposizioni, i dissidenti e gli attivisti anti-regime denunciano "l'ennesima farsa" e accusano i nuovi partiti di esser solo "delle marionette in mano al regime che mostra una facciata di multipartitismo".

Dal marzo 2011 in Siria è in corso una rivolta popolare repressa nel sangue dalle forze militari e poliziesche del regime, che accusa Turchia, Arabia Saudita, Qatar, Israele e Stati Uniti di inviare, armare e pagare terroristi nel quadro di un complotto internazionale teso a indebolire la Siria, "campione dell'arabismo e della resistenza anti-israeliana". Secondo il bilancio non aggiornato dell'Onu, in un anno di violenze sono morte più di 9.000 persone, per lo più civili.