Tunisia, chiesta la pena morte per Ben Ali

Pubblicato il 23 Maggio 2012 - 21:24 OLTRE 6 MESI FA

(LaPresse)

TUNISI – La pena di morte è stata chiesta dal procuratore del tribunale militare di Kef per l’ex dittatore tunisino Zine El Abidine Ben Ali, accusato di omicidio in relazione alle vittime della repressione dei disordini che, nel gennaio del 2011, portarono alla caduta del suo regime.

Zine El Abidine Ben Ali è direttamente responsabile delle decine di morti caduti sotto i proiettili della polizia e delle forze di sicurezza che, per ordine del dittatore, stavano cercando di stroncare i disordini che comunque avrebbero fatto cadere il regime. Responsabile, per la procura militare di Kef, ancora più degli uomini che, materialmente, diedero ordini o uccisero e per questo lui soltanto è meritevole della condanna a morte.

E’ stata una requisitoria ”politica” quella del procuratore di Kef che ha chiuso il suo intervento formulando pesantissime richieste, la più dura delle quali a carico di Ben Ali, indicato come il vero regista della sanguinosa repressione, come colui che, barricato nel bellissimo palazzo di Cartagine, cercava in tutti modi di resistere alla rivolta che, partita dalla periferia del Paese, dalle regioni più povere e disastrate, aveva raggiunto la ‘Grand Tunis’, lambendo il suo potere e infiacchendolo.

Nel processo figurano altri 22 imputati e per essi il procuratore militare, a differenza di Ben Ali, non ha formulato una richiesta specifica, chiedendo che a loro siano applicate le ”pene massime”, quale che sia il significato di questa formula. A niente è valso il fatto che l’ex ministro dell’Interno di Ben Ali, Rafik Belhaj Khacem, da molti indicato come il Tigellino del dittatore, abbia ripetuto di non avere mai ricevuto da lui ordini per rendere più dura la repressione. Per il procuratore militare si è trattato di una strage che è stata decisa scientificamente nelle città che, mano mano che montava la rabbia contro il dittatore e il regime, si ribellavano al suo potere ultraventennale.

Uno dei difensori di Ben Ali si è opposto alla richiesta di condanna a morte formulata dal procuratore militare, che riguarda solo l’ex dittatore, come ”associato” ai fatti in causa, mentre sono state chieste generiche ”pene massime” per coloro che dovrebbero essere i diretti responsabili. Tala, Kasserine, Kairouan, Tajerouine sono entrate nella ”geografia” del martirio che il popolo tunisino ha affrontato pur di affrancarsi dalla dittatura. Ben Ali è stato giudicato in contumacia. Dal 14 gennaio, data ufficiale della caduta della dittatura, si trova in Arabia Saudita, con la moglie, Leila Trabelzi, e il più piccolo dei figli.

Un esilio dal quale ha saputo, probabilmente con distacco, delle condanne che gli sono piombate addosso (il loro cumulo dovrebbe essere, al momento, di una settantina d’anni di reclusione), ma, sino ad oggi, solo per casi di malversazione, legati alla sistematica spoliazione della Tunisia per ingrassare le finanze sue e della sua famiglia. Difficilmente Ben Ali rimetterà piede in Tunisia, ma anche se dovesse farlo può stare tranquillo: la pena di morte non viene applicata da molti anni e il governo di Tunisi sta per dire di sì alla sua abolizione. Ma sino a quando non verrà presa tale decisione la pena resta sia nel codice penale (per alto tradimento) che in quello militare.